Italia Nostra: fa spavento leggerezza Amministrazione su alienazione ex Cantina Sociale
3 min di letturaFa veramente spavento la leggerezza con la quale l’Amministrazione comunale ha perseguito l’alienazione e successiva demolizione (ad opera del privato) dell’ex Cantina Sociale di Sambiase, considerata un simbolo della nostra storia cittadina e della storia contadina locale, segnata dall’occupazione delle terre sottratte al latifondo
Oggi, al posto dello spazio per i conferitori di uva e delle vasche con il mosto da far fermentare, non c’è solo la rimozione fisica di uno stabile, ma soprattutto lo strappo alla memoria storica di una pagina fondamentale della cultura contadina della città di Lamezia Terme e della piana di sant’Eufemia.
Colpisce l’insensibilità degli Amministratori e l’assenza di rispetto della memoria collettiva per la gestione superficiale della cosa pubblica, preoccupati più di fare cassa sui beni da alienare, piuttosto che permettere agli organi competenti come la Sovrintendenza di effettuare un adeguato sopralluogo soprattutto prima dell’alienazione e poi della demolizione ad opera di privati.
Pare, infatti, che pochi giorni prima della visita dell’area per la verifica da parte della Soprintendenza, ovvero lo scorso 6 febbraio 2022, già le ruspe erano all’opera per buttare giù ogni cosa. Così come pare anche che agli occhi degli ispettori sia apparso “stridente” l’atteggiamento dell’amministrazione comunale a causa, lacerata tra l’alienazione da un lato e la partecipazione al bando del Ministero dei Beni culturali dall’altro. Tra l’altro, come è noto, gli impianti industriali dismessi possono essere oggetto di vincolo solo se ne viene dimostrato il loro specifico ed attuale valore storico ed etnoantropologico. Nel caso della Cantina, forse, non ci si è battuti a sufficienza per richiedere dalla Sovrintendenza una adeguata tutela della storia locale e della lavorazione della terra e delle lavorazioni del vino.
Il complesso dell’ex Cantina di Sambiase, siamo convinti, rientrava nella casistica dei beni da sottoporre a tutela, ai sensi del Decreto legislativo n. 42/2004, secondo l’articolo 10, comma 1, che recita “Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.” Così come siamo convinti che non vi è stato il perseguimento dell’interesse alla conservazione della memoria collettiva, vanificando la verifica dell’interesse culturale, come recita l’articolo 12 dello stesso decreto.
Noi cittadini, infine, ci chiediamo a che serve comprare un immobile e poi rivenderlo? Come giustificare dal punto di vista amministrativo questo comportamento? Così come appare strana la scelta politica di inserire tra i beni pubblici da alienare la Cantina, quando, al tempo stesso, il Comune decide di partecipare al Concorso nazionale bandito dal Ministero dei Beni Culturali per il risanamento della Cantina Sociale, per ottenere la “conservazione della “memoria” delle attività precedenti strettamente connesse all’uso primario del territorio”.
Il Presidente Di Italia Nostra
Lamezia Terme
Giuseppe Gigliotti