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Italia Nostra Lamezia: Dad? ci si prenda cura dei più fragili e dei più bisognosi

4 min di lettura
didattica distanza dad

Spesso ci chiediamo perché la scuola italiana è peggiorata così tanto negli anni, molte risposte proprio il Covid le ha piantate davanti a noi

Comunicato Stampa

Non sono solo la mancanza di investimenti e di risorse umane, o la questione degli stipendi degli insegnanti – tutti problemi sacrosanti –, ma prima di tutto una riaffiorante mancanza di coraggio nell’educare nonostante le prove. Nonostante le difficoltà.

Ci si arrende, anche se ne va del futuro dell’Italia e di quei ragazzi che con coraggio e determinazione si sono vaccinati per avere una scuola in presenza.

A fronte di casi esemplari di prèsidi e insegnanti straordinari ecco schierarsi il gruppone di quelli che alzano la voce e abbassano gli obiettivi educativi. Fa specie, infatti, che proprio da parte chi ora chiede con forza la «Dad per tutti» nella maggior parte dei casi la Dad non l’abbia mai messa davvero a sistema, pensandone risorse e prospettive, verificandone e innovandone i meccanismi.

Così come sorprende che tra i prèsidi non sia mai partita una raccolta di firme per chiedere al governo di garantirla concretamente, questa benedetta «Dad per tutti»: pc e tablet e connessioni sono un sogno per un pezzo d’Italia che continua a essere vergognosamente escluso, oltre che dimenticato. Sono bambini e ragazzi, sono quelli per cui temiamo gli effetti dei nuovi vaccini: non interessa a nessuno se dentro di loro muoiono di solitudine.

Abbiamo innanzi uno o due mesi difficili, sì. La realtà è questa. I contagi voleranno – stanno già volando – tra studenti e insegnanti, come nel resto del Paese, a causa di una variante contagiosissima. Stiamo facendo tutto il necessario per trasformare questa insidiosa “quarta ondata” in una grande epidemia influenzale, vaccinando (e quindi mettendo al sicuro da conseguenze gravi) la maggior parte degli italiani: gli hub macinano numeri da record, la macchina della sanità territoriale corre. Di nuovo.

Ognuno sta facendo la sua parte con fatica enorme: i medici e gli infermieri che curano le persone negli ospedali (e che sono decimati, oltre che stremati), i decisori politici che cercano di stare al passo con la corsa del virus adottando strategie sempre nuove (e scelte anche molto difficili, come quella dell’obbligo vaccinale, seppure graduale), i lavoratori che ogni giorno si misurano col rischio del contagio muovendosi coi mezzi pubblici (e affrontando le condizioni non sempre così garantite dei negozi, dei supermercati, delle farmacie, delle fabbriche) e anche quelli costretti a casa in smart working. Le associazioni come i malati cronici e mille altre che non si risparmiano.

La scuola come il resto del Paese deve partecipare con coraggio a questo sforzo collettivo, adesso non ci sono più scuse. Pensare e ripensare orari e turni in base ad assenze sempre diverse è senz’altro mestiere complicatissimo, come dialogare con le Asl, ma non diverso da quello di far funzionare un ospedale in emergenza, foss’anche un ospedale da campo.

E in una scuola da campo, una “scuola in uscita” parafrasando le parole usate da papa Francesco su quel che dovrebbe essere sempre anche la Chiesa, magari non tutto funzionerà alla perfezione, magari i professori faranno lezione per qualche settimana a mezza classe in presenza e mezza in Dad, le aule si svuoteranno lo stesso e la didattica non sarà da manuale, magari i genitori continueranno a impazzire tra tamponi e possibili quarantene e scriveranno decine di mail alle segreterie.

Ma in questa scuola viva e in carne ed ossa, e maledettamente imperfetta, in questo presidio educativo che ha senso d’esistere solo se tangibile, il cuore continuerà a battere. Chi è lontano vorrà al più presto tornare. Chi è presente lotterà per restare. Tutti, alla fine, avranno imparato la lezione che si resiste, che bisogna resistere, che le difficoltà vanno affrontate tutti insieme senza farsi indietro mai e tanto meno senza nascondersi dietro a uno schermo.

Che poi – sembra incredibile – è quello che genitori e insegnanti chiedono ogni giorno ai ragazzi: mettere giù smartphone e playstation e tornare a vivere nella realtà. Anche se la realtà fa paura.Non possiamo continuare ad impedire di vivere a tanti ragazzi,vivere la vita come vivere la scuola.

Ci si prenda cura dei più fragili e dei più bisognosi. Non si può chiudere gli occhi di fronte alla grande ingiustizia che produce la scuola in DAD tra chi è ricco e chi è povero, tra nord e sud.

La salute prima di tutto ma senza rinunciare a vivere.Le conseguenze già determinate sui bimbi e sui ragazzi sono di entità inimmaginabili.

Sezione Scuola e Formazione
Italia Nostra
Lamezia Terme

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