Itavia 27 giugno 1980: lo scenario dimenticato
3 min di letturaEro un dipendente della compagnia di navigazione Itavia(IH) SpA, oggi un pensionato di 72 anni; il mio tempo, come quello di altre 1200 persone circa, è durato dal 1969 al 1980, chiuso in quel drammatico 27 giugno sulla fossa di Ustica dove il nostro dc9 ITIGI, volo IH870 da Bologna a Palermo, finiva abbattuto in un imprecisato gioco di guerra in cui tutti erano implicati, amici e nemici, con la sfrontata forza di invadere il confine del nostro spazio aereo, nessuno dei grandi strateghi ha mai voluto ammettere le proprie responsabilità tacendo su 81 morti e circa 1200 esseri umani cancellati dai registri del lavoro, questi ultimi andando a formare un ipotetico scenario dimenticato.
Noi dipendenti: impiegati, tecnici, operai e piloti, professionisti preparati capaci anche d’inventare il volo attivando l’iniziativa personale, per una compagnia aerea che faceva concorrenza al gigante aereo del monopolio: l’Alitalia, dopo quel nefando 27 giugno siamo diventati anime perdute alla ricerca di se stessi e di un futuro qualunque, ma che ci permettesse di tornare a vivere e sperare.
La nostra, in fondo a tutto il caleidoscopio di simulazioni, sussurri e voci di corridoi è stata una fine ingiusta, voluta, progettata e consumata da un potentato politico che aveva, o cerava di avere, i propri interessi anche nel volo privato, infatti per continuare l’attività, alla società sarebbero bastati 70 milioni, gli furono rifiutati in un riunione parlamentare infuocata in cui un ministro minacciò di far cadere il governo definendo il comportamento degli onorevoli “cretinismo parlamentare”.
Fummo costretti a vederci chiudere le porte in faccia con una frase striminzita ovvero “la Compagnia cessa l’attività’ per esaurimento delle scorte economiche”, ironia del destino, a giugno 1981, gli organi dello stato inventavano una società di navigazione aerea sotto il nome di Aermediterranea (Linee Aeree mediterranee sigla BQ) dal costo di 400 milioni per assumere parte del personale Itavia, rotte e aeromobili.
Il primo nucleo quello di Lamezia Terme, un aeroporto internazionale che non poteva essere abbandonato, un centrale sociale per una Calabria in rilancio, una struttura creata e costruita bonificando una palude dalla stessa Itavia che, prima di Ustica, gestiva la funzionalità di quello scalo divenuto il suo aeroporto principe, un passaporto per il Sud e le isole; l’Aermediterranea una società durata due anni per poi essere conglobata nel gruppo Alitalia e cancellata, facendoci transitare da prima all’Ati (BM) per finire poi in Alitalia (AZ) a concludere il percorso.
Ho sempre cercato di mettere sulla carta le nostre sensazioni di lavoratori,il terrore del futuro senza una certezza, la paura del nulla, la mancanza di risorse economiche, i sei mesi di cassa integrazione straordinaria, poche lire in un mare di disperazione che non bastavano neppure a sostenere la giornata familiare, con conti da pagare che si accumulavano, con affitti che scadevano e, a volte in quel periodo, anche costretti ad un solo pasto giornaliero, volevo farlo contro tutti coloro che scrivevano di battaglie aeree, di ipotesi strane, di cedimenti strutturali e di bombe a bordo, molto lontani dalla realtà e dalla verità che partiva e finiva con un missile, nelle calme acque di Ustica.
Ogni volta, iniziavo a scrivere e poi cancellavo tutto per i troppi ricordi, alla fine, come pensionato, ho trovato il coraggio di superare la mia rabbia e la tristezza per quello che avevo perduto, con il mio libro ho inteso ricordare a tutti la nostra odissea che, dopo quasi 37 anni, è ancora priva di una verità concreta, partendo dal singolo per rappresentare i 1200 dello scenario dimenticato.
Un grazie a Valentina Conti che con la sua casa editrice Edizioni Ae, ha sposato la nostra causa morale è ha dato corso alla pubblicazione del libro.
Gianfranco Turino