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Jugali

Jugali, una macchietta popolare tra storia e versi, per i tipi di Pubblisfera: un frizzante lavoro del professor Francesco Polopoli, da accompagnare con un calice di spumante prima dell’anno che verrà

Operetta natalizia alla riscoperta del nostro simpatico Jugali: identità del personaggio, tra storia e ricostruzione, il poemetto eroicomico, di riferimento con testo e parafrasi, analogie con le novelle di Giovanni Boccaccio, pezzi antologici da sceneggiatura teatrale.

Dulcis in fundo, C’era una volta la trippa di Jugali con tanto di ricetta. La copertina ha la pregevole cura di Marianna Di Bella, sua alunna di terza A, disegnatrice di molte raffigurazioni del Calendario bilingue d’antichità 2024.

Jugali offre degli spunti per copioni teatrali – suggerisce il professore Francesco Polopoli, docente di latino e greco presso il Polo liceale Campanella Fiorentino di Lamezia Terme.

A proposito le macchiette cittadine non sembrano circoscritte solo a questi tipi: c’è chi ricorda col modo dire «pàri la rìatina  di Picinagliu» un bel gruppo di scavezzacollo, con tanto di birbone in prima fila (altro che I ragazzi della via Pál di Ferenc Molnár!); oppure con «tutti allu furnu da zza Laura» la generosità di una figura femminile al punto da far significare successivamente che uno abbia ottenuto una cosa gratuitamente, senza neppure muovere un dito; per non parlare di «troppo tardi dissi Mastru Roccu», in riferimento ad un uomo risoluto e tutto d’un pezzo.

Oltre a loro ci stanno figurini enigmatici come il «Panghingu» o «’u Bembu»; un altro soggettone intendo, invece, battezzarlo come versione femminile dell’Arpagone de L’Avare ou l’École du mensonge di Molière: più specificatamente trattasi «da’ zza Cardana, che è una vecchia brutta ed avara, una di quelle persone, cioè, che pensano soltanto ad accumulare denari e che fanno ridere solo quando tirano le cuoia.

Alla luce di tutto questo, in futuro potremmo, magari, delegare alle compagnie teatrali presenti sul territorio la possibilità di drammatizzare sottoforma di Commedia d’arte un repertorio così colorito e colorato di umanità.

Ce ne stanno tanti di sogni, oltre ad un auspicio, quello di non stigmatizzare alcuno, perché anche chi, per opinio communis, è etichettato come “scemo del villaggio” ha talenti da donare: sta a noi promuoverli, capirli, ed evocare tutti i potenziali possibili, nell’ottica dell’inclusione e della prossimalità.

Ciò che rende migliore il mondo è frutto proprio di questa sensibilità per il nostro prossimo…

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