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La bambola parlante

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La bambola parlante

In una famiglia di mercanti viveva una bimbetta alquanto vispa che, in fatto di inventiva, era insuperabile allo stato puro

Pensate che, con un pezzo di stoffa, tanto s’industriò, in una serata autunnale di novembre, fino a creare una bambola animata: pare fosse capace di muoversi e di parlare, interagendo con lei, alla pari di una sua pari, il che era impari, a confronto, almeno sul piano della substantia (anche perché umana non era, sebbene non fosse un ufo, fortunatamente!).

Di solito la teneva in una piccola cassapanca, quando se ne allontanava: tuttavia, un giorno, per dimenticanza, la lasciò in un angolo della sua camera e quella, approfittando della disattenzione, si allontanò fino a sparire dalla circolazione. La piccola Teresa ne pianse immensamente: non era un Ciccio pasticcio a poter rimpiazzare quella perdita e per di più quanto aveva perso, unico ed irripetibile, tra le altre cose, non era più riproducibile.

Per amore della sua bambola si fece coraggio, allora, mettendosi in cammino per ritrovarla da qualche parte: venne a conoscenza, di lì a poco, che la sua bambolina era nelle mani del Re dell’Est e che lo stesso prometteva di restituirla, se qualcuno, in cambio di essa, avrebbe avuto modo di guarire dalla pazzia il suo amato figliuolo.

Una mission impossibile: fece subito dietrofront per riflettere! Cammina cammina le venne incontro una draghessa che, con fare da nonnina, le chiese di aiutarla: «’a pua girari, tùni, ’sta manovella, mentre ca dùarmu (iu) ’nu poculìalli: fammìlla ’sta carità, bella mia!».

La nostra ragazzina fiutò una strana alchimia nel posto in cui venne a ritrovarsi: la vecchina, malgrado le fosse sembrata rassicurante, era circondata da strambe pozioni ed alambicchi sparsi e spersi in quella stanza. Il marchingegno, poi, da mettere in funzione, durante il riposo dell’anzianotta, era dotato di uno specchio, che rifletteva visibilmente il volto di un giovanissimo principino: d’istinto pensò di mulinare all’incontrario la procedura propostole, per poi fracassare quell’armamentario e darsela a gambe levate.

In seguito il sovrano di quel Reame orientale mandò a chiamarla: «Quatrarella mia, appena fìghljiuma s’ha risbigliatu da pazzia c’avìa, ha fattu ’u numi tua. Sugnu sicuru cà tu ha fhattu ’a parti tua, cumu illu ha turnatu sanu cumu prima». A farla breve, Teresa non solo riebbe la sua Patty, come la Pravo, tra le sue braccia ma, apriti cielo e spalancati terra, ottenne pure un rampollo della famiglia regale come futuro marito: una come lei era augurale per tutta quella schiatta, non avrebbe fatto schiattare nessuno, assolutamente no, a prova provata!

Quando i suoi genitori ricevettero questa bella notizia, si rallegrarono tantissimo e le mandarono la loro benedizione, dispiaciuti solo di non poter arrivare in tempo, per presenziare alle nozze, per la troppa distanza. Meglio essere distanti e felici, piuttosto che vicini e scontenti: voi, che ne pensate!?

PS: la riscrittura, malgrado qualche cenno di attualizzazione, segue la fiaba originaria, ci tengo a precisarlo! Solo l’inventiva è mia, ma non è un testo d’invenzione, ve lo assicuro! La scrittura è quella di uno scrivente più adolescente che, da adulto, mi va di rispettare nella sua stesura originaria: non voglio tradirla, è la mia età, nella sintassi della discussione.

A mia sorella Teresa, il cui primo libro sulle fiabe, lo Spino fiorito, è giardino fecondo dell’immaginazione: anche lei, vispa vispetta, fa parte della mia storia. Ognuno ha i suoi personaggi, lo sappiamo tutti!

Prof. Francesco Polopoli

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