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La favola di Lametos: «quandu grill’ e quandu galli e quandu scupittàt’e palli»

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La favola di Lametos:«quandu grill’ e quandu galli e quandu scupittàt’e palli»

Ad Esopo e Fedro facciamo seguire la paternità corale di tutto un territorio la-mitico, fecondo di un retaggio classico acclarato ed universale

«Quando grilli e quando galli, e quando schioppettate e palle!»: si dice che abbia sospirato così una volpe, felice di aver riportato integra nella propria tana la sua pelliccia, dopo un assalto infruttuoso ad un pollaio, dal quale era stata allontanata a colpi di fucile. A dire il vero, sul piano semantico, l’espressione è equivalente dell’adagio italianissimo «quando a tordi, quando a grilli».

Sul tema della vita incerta e rischiosa della volpe, esiste, poi, una favoletta assai significativa e molto diffusa tra la gente del popolo, come ci ha tramandato il buon Santo Sesto nel suo Lexicon vernacolare.

Essa narra di un volpacchiotto che, avendo appena finito di mangiarsi una gallina che la madre gli aveva portato a mo’ di breakfast, disse, leccandosi i baffi: «O ma’, cumu sanu belli ‘sti gallinelli!», «O mamma, come sono squisite queste gallinelle!» – Eh, fìgliuma» – rispose la vecchia volpe, scuotendo la testa – «‘u sa quand’ ‘i pagu?! Quandu nìasciu e ‘u’mmi vidi cchjù turnàri!», «lo sai quando le pagherò?! Quando esco di casa, per andare a caccia e non mi vedrai più far ritorno».

La morale!? Il rischio è bifronte e non ci vuole nulla, utilizzando una metafora lametina, perché si prosciughi, detto fatto, «‘a fhuntàna d’ ‘a Pruvidenza». La fortuna, si sa, è poi «mulinara», cioè incerta e malsicura: pertanto, attenzione!

Prof. Francesco Polopoli

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