La fiera di Sambiase, un’opportunità per il futuro o una scommessa perduta
3 min di letturaLa fiera agricola 2016, al netto delle esposizioni dei prodotti alimentari e delle nuove tecnologie applicate, in particolare, alla produzione dell’olio di oliva, ripercorre il solco di un evento che non si discosta molto dalle fiere recenti e da quelle più remote realizzate nei pressi del convento, oggi chiesa del Carmine, e per quasi tutto il rione Cafaldo.
Si comprano e si vendono, ancora, prodotti per l’agricoltura e l’artigianato e, fino a pochi anni fa, anche animali.
E continuano a sentirsi i monologhi accattivanti dei venditori di piatti e di coperte, con inflessioni napoletane, in cerca di clienti, in un’affollata Piazza Garibaldi. Tutto sembrerebbe essere come prima. Ma così non è.
Che cosa è cambiato rispetto alle edizioni di fine anni ’60?
Allora eravamo nella prima fase espositiva di quelle prime macchine agricole (Fiat, Goldoni, ecc.) che avrebbero sostituito gli animali da lavoro (buoi, muli, cavalli e asini) a beneficio delle piccole e medie aziende, compreso quelle dirette coltivatrici, che agivano prevalentemente all’interno di un assetto proprietario variegato.
Oggi si sta, progressivamente, assistendo al ridimensionamento delle superfici coltivabili che un tempo costituivano la parte geograficamente più consistente rispetto al complesso di un arredo urbano disposto a macchia di leopardo.
Un’inversione di tendenza, quindi, che segnala il prevalere del processo di cementificazione della piana che ha sterilizzato il sogno di una Lamezia capace di creare sviluppo attraverso la valorizzazione delle proprie risorse.
La fiera ha, anno dopo anno, alimentato quel sogno, nato il 7 dicembre ’66 quando la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura con la delibera n°312, istituì la Fiera del Sud in Sambiase in concomitanza con la tradizionale e secolare fiera di San Biagio.
Un mezzo secolo di storia che ha, all’interno di una logica di utilizzazione del territorio, foriera di ogni intrinseca vocazione, visto il graduale ridimensionamento della superficie agricola coltivata a vigneto, depositando negli scaffali della memoria i rumori dei motocoltivatori, degli autocarri e dei motocarri in fila per il conferimento delle uve nelle arterie di accesso alle cantine sociali Bruzia e Sambiase.
Così come viene archiviato quell’incontro della speranza, all’inizio degli anni 80, a Montecitorio di alcuni Parlamentari Calabresi con il Ministro del Commercio con l’Estero.
Un incontro in cui si parlava: delle difficoltà di conferimento alle cantine sociali, incapaci di contenere il surplus di produzione; del prezzo per incentivare l’economia vitivinicola, inadeguato a sostenere i contadini lametini. Si parlava anche di come piazzare il nostro vino nei mercati tradizionali e, in prospettiva, si guardava con interesse a quelli nord europei. Tutto svanito nel nulla, come le stesse cantine sociali (ex ESAC), simboli di un’economia prevalentemente contadina, oggi immagine malinconica del fallimento di una scommessa giocata malissimo per deficit di programmazione e per assenza di lungimiranza.
Ridotta in modo irreversibile la vecchia base produttiva locale, sambiasina e poi lametina, dovuta anche al mutamento generazionale che ha spostato le aspettative e le attese professionali dei giovani verso settori economici non pertinenti con le risorse di questo territorio, la fiera del mezzo agricolo di Sambiase, anche quest’anno, ha dovuto riposizionare i propri riflettori illuminando quegli aspetti collaterali che le danno luce e immagine nell’universo globale, ma che, purtroppo, la allontanano dalla propria storia.
Giuseppe Donato