La jennacca: l’albero della vita che si fa “prezioso”
2 min di letturaDa dove discende questa parola? Per me deriva dal tedesco “eine eichel” (una piccola ghianda)
La ghianda era simbolo di vita, fertilità e virilità, oltre che di giovinezza. Nella Bibbia, la ghianda ricorre spesso. Se ne ciba il figliol prodigo nei Vangeli, se ne ciba Abramo il patriarca nell’Antico Testamento.
Anche nella letteratura moderna la ghianda ha avuto un ruolo. James Hillman, il grande psicanalista americano, allievo di Jung, saggista originale ed acuto, ha costruito una vera e propria teoria della ghianda nel suo straordinario testo “Il codice dell’anima”.
Una sua frase: «Ogni persona è portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di essere vissuta».
Nella sua teoria, l’autore afferma che in ciascuno di noi, fin dall’inizio, dall’atto della nascita, è presente un seme, la nostra ghianda, che ci ricorderà ciò che siamo chiamati a realizzare. Anche quando faremo scelte diverse, quando negheremo a noi stessi ciò che siamo, il seme non morrà, racchiuderà sempre tutta la sua potenzialità: la nostra potenzialità.
Tutto è lì, la nostra essenza, quella particolarità unica che ci appartiene e che non può essere annullata, va solo risvegliata e lasciata emergere. Quel che siamo “è”. Non può essere diversamente.
La ghianda ha in sé il mistero e la bellezza della vita, come il suo albero. La quercia è possente, maestosa, robusta, essenziale, elegantemente rustica. Ed è prolifica: i suoi semi si accontentano di poco per generare nuovi alberi che resisteranno a tutte le difficoltà.
Una crescita lenta, per radicare bene, per adattarsi al terreno, per vivere a lungo ed essere apprezzata con rispetto.
Prof. Francesco Polopoli