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La pentola…in testa

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A Roma, ma anche fuori dalla capitale, per tacciare un comportamento eccessivamente ostinato, si dice “Certo che sei de’coccio!”, e si accompagna la frase al gesto di una bussata a pugno chiuso sulla superficie più vicina, come per certificare la durezza della persona (un testone, insomma!).
pentola in testaDifficile immaginare che dietro ad una voce del lessico anatomico, quale è appunto testa, si possa celare il rimando alla voce omonima latina, il cui significato è vaso di terracotta, pentola.
Per la serie, quando il modo di dire fa rinvenire lungo la strada dei segmenti di verità, come quei granelli del piccolo Pollicino capaci di districare la selva dell’ignoto fino alla via del ritorno.
Eh sì, le lingue classiche rimarranno sempre di casa, perché materne, paterne, familiari! Una struttura, una porta d’ingresso ed una finestra sul mondo, e mi va di aggiungere, vive per destinazione, senza il pollice verso di chi ne mette il destino in discussione.
Quindi bando alla storica réclame  pubblicitaria (Cosa stai aspettando? Prendi la cornetta, Mondial casa ti aspetta!) del Cavalier custode dell’acciaio Inox (Giorgio Mastrota), perché ognuno di noi ce l’ha sulla sommità dello scheletro, questo capo, senza doverlo pagare necessariamente in scomode rate.
Ora proseguiamo su un’altra batteria di argomenti per testimoniare quanto il linguaggio anforario del mondo classico sia a parole anche psicosomatico: in italiano sbroccare deriva dalla figura dell’acqua che esce dai margini della brocca che non riesce più a contenerla e per l’appunto, fuor di metafora, esprime delle uscite che sono fuor dai gangheri (quando la soglia di sopportazione/contenimento viene oltrepassata, diamine!); boccalone, nell’indicare un ingenuotto e credulone, al di là della venature malinconiche che accompagna la sua querulomania a saviezza riconquistata, è chi si riempie della qualunque come la bucca di un boccale.
Quindi, nel calderone antico c’è una verità a cui attingere, che non scotta mai, ed è l’etimo sfuggente, che chiede di essere riappropriato, per maggiore ri-conoscenza.
Allora cosa potrà significare che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi? Se è vero, come è vero, che cucina, taglia, soffia nella sua fucina il diavolo tentatore, è soprattutto ragionevole, altresì, che questa benedetta capoccia, allo scoperto, può, nel saper discernere, scegliere, tappando stretto stretto il vaso di Pandora, e non è così difficile, peraltro!
Cogito, ergo sum:
la capacità di pensare coincide con la certezza di seguire bene il proprio essere: se per fallacia ci si lascia ingorgare in un collo di bottiglia, beh, abbiamo decisamente toppato!
Auguri da kaputt d’anno, a Malavoglia, solo per provocazione!
Allora, a testa alta e a petto avanti, per capire che non siamo zucconi, assolutamente! Sulle orme di Seneca, magari, tra i passi dell’Apokolokyntosis: l’opera per il vero duro di comprendonio, “il potente”, che è un invariante da sempre, in saecula saeculorum. La penna, come volevasi dimostrare,  è una forma di contropotere o il sugo di tutta la storia!

Prof. Francesco Polopoli

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