“La terra degli alberi caduti”, Claudio Cordova nell’inferno del Messico
2 min di letturaLa terra degli alberi caduti. Un giornalista calabrese nell’inferno messicano. Questo è il titolo della video-inchiesta di Claudio Cordova visionata ieri al Tip Teatro. L’incontro è inserito nel calendario di fine anno di De/scrivo 3.0, Prima della fine, rassegna indipendente a cura di Manifestblog.it.
Claudio Cordova, fondatore e direttore del quotidiano online “Il Dispaccio”, vola in Messico, un paese enorme con i suoi oltre 122 milioni di abitanti (25 soltanto nella metropoli di Città del Messico), ma anche un paese schiacciato dalla connivenza tra i cartelli del narcotraffico – tra i più potenti e spietati del mondo con i suoi affari che non disdegnano affatto il mondo della prostituzione e dei traffici di armi e di organi –, le forze politiche e di polizia corrotte e la magistratura non indipendente.
«La terra degli alberi caduti è un documentario sui diritti umani violati in un paese che conta 40 mila desaparecidos», la cui sparizione passa di fatto sotto traccia, appoggiata dallo Stato; una piaga per il Messico.
Fare il giornalista in Messico
Problemi di instabilità sociale che coinvolgono direttamente i giornalisti, sempre più asserviti al volere dello Stato, e i pochi che provano a rigettare il bavaglio statale e a dire la verità vengono fatti fuori. Sono oltre 40 i giornalisti assassinati in Messico negli ultimi sei anni: numeri da guerra.
Come Javier Valdez, ucciso il 15 maggio 2017 fuori dalla sede del suo giornale “Rio Doce” a colpi di arma da fuoco a Culiacán per il suo profondo impegno nella lotta al narcotraffico, la cosiddetta guerra messicana della droga. Il Messico resta uno dei paesi del mondo in cui è più pericoloso fare il giornalista, insieme allo Yemen, la Somalia e l’Afghanistan.
Le testimonianze dirette dei famigliari
La video-inchiesta di Cordova, con la regia di Antonio Morelli e Gabriel Dombek, è un racconto in prima persona del dramma messicano: il giornalista dà voce alle persone che chiedono aiuto attraverso le angoscianti testimonianze dirette di chi ha perso tutto, delle famiglie delle migliaia di desaparecidos, di una popolazione che non ha diritto alla verità.
Antonio Pagliuso