Ladri di biciclette, i primi 70 anni di un film senza tempo
4 min di letturaAffresco dell’Italia del dopoguerra e pietra miliare del neorealismo cinematografico italiano, 70 anni fa usciva nelle sale italiane Ladri di biciclette.
Il lungometraggio diretto da Vittorio De Sica ha raccontato storie di uomini, storie di vita vera, ed è tuttora uno dei film italiani più conosciuti e apprezzati nel mondo.
Con la sceneggiatura di uno dei padri del neorealismo come Cesare Zavattini, Ladri di biciclette ha come punto di forza quello di aver scelto unicamente attori presi dalla strada, dunque non professionisti del mestiere, ma professionisti della vita vera, quella sulla quale il neorealismo voleva accendere i riflettori.
Ladri di biciclette ha assurto a metafora di quegli italiani alle prese con il difficile secondo dopoguerra.
La trama
Roma. Antonio Ricci, moglie e un figlio piccolo a carico, trova un impiego come attacchino comunale.
Per poter svolgere il nuovo lavoro si reca al Monte di Pietà per recuperare la bicicletta che aveva impegnato tempo addietro e per la quale la moglie Maria dà in pegno le lenzuola di casa.
La famiglia Ricci è raggiante per il primo giorno di lavoro: la prospettiva di una rinascita si profila all’orizzonte, ma Antonio Ricci, intento ad affiggere un manifesto, subisce il furto della sudata e indispensabile bicicletta.
Il protagonista prova in tutti i modi a rintracciare il ladro che ha rubato la bicicletta, senza la quale perderebbe in un batter d’occhi il lavoro appena ottenuto. Girovaga insieme al figlio Bruno per una giornata intera nella Roma popolare, da piazza Vittorio a Porta portese. Senza alcun risultato.
Il finale amaro
Scoraggiato e ormai vinto dal destino che gli ha voltato le spalle, che lo ha illuso, Antonio Ricci vede la giornata volgere al termine e all’orizzonte un domani nuovamente incerto.
Travolto da tutti questi pensieri e all’apice dell’amarezza, nell’ultima scena del film Antonio nota una bicicletta lasciata incustodita fuori da un palazzo. Decide così di rubarla: occhio per occhio, dente per dente. L’uomo è però subito bloccato da un gruppo di persone. Soltanto l’intervento di Bruno, in lacrime per il gesto compiuto sotto i suoi occhi, evita ad Antonio il linciaggio e la galera.
Come nasce Ladri di biciclette
È il 1947. Un anno dopo l’uscita di Sciuscià Cesare Zavattini manda a De Sica un romanzo dello scrittore e pittore Luigi Bartolini dal titolo Ladri di biciclette.
Zavattini acclude una nota sulla quale espone l’idea di un film incentrato su una bicicletta rubata.
Vittorio De Sica legge il romanzo e inizia la ricerca dei personaggi per la nuova pellicola.
Il regista e attore di Sora sceglie di far interpretare il ruolo di Antonio Ricci, il protagonista, a Lamberto Maggiorani (1909-1983), un operaio della società di costruzioni meccaniche Breda. Il piccolo Bruno, invece, è Enzo Staiola – all’epoca delle riprese di neppure nove anni – che De Sica incontra nel popolare quartiere romano della Garbatella e di cui viene colpito dagli occhi espressivi e dalla particolare camminata.
Un film low cost ma dall’alto valore
Ladri di biciclette è un film che oggi chiameremo assolutamente low cost, a basso costo: oltre agli attori non professionisti, sul set non era presente alcun fonico e alcun truccatore.
Questo era l’intento di Vittorio De Sica: creare un film povero ma dall’alto valore cinematografico e sociale.
Successivamente dirà De Sica: «Il mio scopo è di rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso della piccola cronaca, anzi della piccolissima cronaca […] Che cos’è, infatti, il furto di una bicicletta, tutt’altro che nuova e fiammante, per giunta? […] Eppure a molti che non possiedono altro, che ci vanno a lavoro, che la tengono come l’unico sostegno nel vortice della vita cittadina, la perdita della bicicletta è un avvenimento importante, tragico, catastrofico».
«Perché pescare avventure straordinarie quando ciò che passa sotto i nostri occhi e che succede ai più sprovveduti di noi è così pieno di una reale angoscia?» aggiungerà il maestro del cinema autore di altri capolavori come il già citato Sciuscià, Miracolo a Milano, La ciociara, Ieri, oggi, domani e Matrimonio all’italiana, solo per citarne alcuni.
La fortuna del film
La pellicola si è trovata al centro di polemiche di matrice cattolica per via delle scene girate in chiesa durante la mensa dei poveri. Questa scelta ha fatto storcere molti nasi in Italia e, difatti, i primi ad acclamare il capolavoro di De Sica sono stato i laici cugini francesi.
Dopo la vittoria nel 1950 del Premio Oscar onorario al miglior film straniero e il Golden Globe per il Miglior film straniero, il film è stato apprezzato anche da pubblico e critica italiani.
«Il film più umano che sia mai stato girato» secondo Gabriel García Márquez, un film che ha influenzato le generazioni future di registi.
Ladri di biciclette è annoverato nella lista dei 100 film italiani da salvare.
Lo scorso maggio una versione restaurata del cult del neorealismo è stata proiettata alla LXXI edizione del Festival di Cannes, nella sezione Cannes Classics.
Antonio Pagliuso