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Lamezia. Addio a Piero Fabiano: quando la professione di medico diventa missione di vita

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Il suo cuore ha cessato di battere nel reparto di rianimazione del Giovanni Paolo II a Lamezia dov’era ricoverato da diversi giorni per un male terribile e inesorabile che non gli ha lasciato scampo.

La notizia che il dottor Piero Fabiano non è più con noi ha lasciato tutti attoniti e sgomenti; non bastano le parole, i messaggi, per esprimere il cordoglio di un’intera comunità che deve dire addio ad una persona straordinaria di grande umanità e affabilità. Un professionista serio e competente che ha fatto del suo mestiere la missione di tutta una vita. Piero Fabiano aveva compiuto 69 anni qualche giorno fa proprio in ospedale; le sue condizioni peggioravano e egli stesso ha disposto che fosse intubato e trasferito in rianimazione: ha fatto il medico fino alla fine! Nel reparto di urologia dell’ospedale di Lamezia ne ricordano la preparazione medico-scientifica così come conservano gelosamente i ricordi di una persona che metteva al primo posto il paziente come persona privilegiando la relazione umana, l’empatia con chi soffriva e si affidava alle sue cure riponendo la massima fiducia nella sua conoscenza ed esperienza.

Il dottor Piero Fabiano

Durante la pandemia Piero Fabiano decise anche di andare a fare il volontario in un ospedale di Ancona nelle Marche. Tre settimane che sono rimaste indelebili nella sua memoria, che hanno arricchito ulteriormente il suo bagaglio di uomo e di medico che ha trascorso buona parte della sua vita in corsia. Piero Fabiano scelse di partire in un momento in cui il virus del Covid dilagava spaventosamente sembrando davvero inarrestabile: la ‘peste’ del terzo millennio mieteva vittime come mosche e, il numero dei contagiati ricoverati negli ospedali di alcune regioni del Settentrione, cresceva a ritmo esponenziale.

In Calabria e a Lamezia in particolare, invece, la diffusione del virus rimaneva ancora circoscritta e con numeri non preoccupanti come nelle regioni del Nord Italia. Il nosocomio cittadino era quasi vuoto e, allora, quella che all’inizio era stata solo un’idea estemporanea, si è poi rivelata una missione nella missione. Piero Fabiano, all’epoca primario facente funzione, si buttò a capofitto nella nuova sfida che la storia del nostro tempo presentava all’umanità tutta: curare i malati affetti da Covid-19. Nell’ospedale di Ancora le sue giornate iniziavano al mattino presto e finivano in tarda serata dopo turni estenuanti.

Ore intense tra malati ingabbiati in complicate apparecchiature per poter respirare, con gli occhi lucidi che trasmettevano tutta la paura e il dolore del mondo. Giornate infinite in corsia tra altri medici e operatori sanitari che tutti i giorni si trasformavano in scafandri umani per poter garantire le cure necessarie ai degenti che rischiavano la vita.

“Le parole non bastano per esprimere la ricchezza di emozioni e sentimenti che questa esperienza mi ha lasciato. Quando ho deciso di prestare servizio in un ospedale Covid sapevo che mia moglie e i miei figli sarebbero stati in pena per me, ma io non potevo non partire. La pandemia ci ha messo di fronte ad una sfida storica e ognuno di noi dovrebbe sostenere l’umanità sofferente con i saperi e i mezzi che ha”. Queste furono le considerazioni di Piero Fabiano in merito alla sua esperienza di medico volontario in un reparto Covid.

Con queste parole gli rivolgiamo il nostro ultimo saluto, grati per quanto ha fatto in vita e per il grande esempio che ha lasciato a chiunque l’abbia conosciuto. Il nostro pensiero va in primis alla sua adorata famiglia: alla moglie Cecilia, ai figli Antonio e Pierpaolo che erano il suo tutto e che gli davano la carica giusta, l’entusiasmo, la passione ogni volta che indossava il camice bianco, pronto a salvare vite!

Maria Scaramuzzino

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