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Lamezia. Caritas diocesana: appello all’azione contro povertà e disagio sociale

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Lamezia. Caritas diocesana: appello all'azione contro povertà e disagio sociale

Emergenza povertà: la Caritas diocesana risponde con solidarietà e progetti strutturali

“I dati registrati presso i servizi della Caritas Diocesana confermano l’andamento dei dati nazionali, presentati martedì a Roma. Sia nel 2023 che ancora nel 2024 è stato registrato un aumento delle persone e delle famiglie che si sono rivolte ai servizi della Caritas Diocesana”.

Questi alcuni dati resi noti da don Fabio Stanizzo, direttore della Caritas diocesana, nel corso dell’incontro organizzato in occasione della “VIII Giornata mondiale dei poveri” al quale hanno presenziato anche don Marco Pagniello, direttore della Caritas italiana, ed il vescovo, monsignor Serafino Parisi.

Tra le persone che versano in condizioni di forte disagio economico che si sono rivolte alla Caritas lametina ci sarebbero “soprattutto famiglie con bambini; famiglie con un basso reddito che fanno fatica ad arrivare a fine mese; lavoratori poveri; persone singole.

La maggior parte degli utenti dei servizi Caritas – ha aggiunto don Fabio – sono di cittadinanza italiana ed hanno un’età tra i 34 e i 55 anni: nei primi mesi del 2024 è stato registrato un aumento di circa il 30% di nuovi utenti e la maggior parte sono donne che appartengono a nuclei familiari.

Un dato importante riguarda l’aumento della povertà tra i cittadini di nazionalità italiana che si rivolgono al servizio della mensa.

Infatti, sul totale delle persone registrate, i cittadini italiani costituiscono il 60% degli utenti, contro il 30% precedente.

Nell’ultimo anno è aumentata la marginalità sociale: sono aumentate le persone senza dimora, e anche tra questi il 30% sono cittadini italiani che a causa di problemi di dipendenze e problemi familiari hanno perso la propria abitazione”.

In questo contesto, la Caritas diocesana, come sottolineato da don Fabio, “cerca di rispondere ai bisogni espressi attraverso le Opere Segno e le attività progettuali in atto, pensati dopo un’attenta analisi dei bisogni, fatta in stretta collaborazione con tutti gli attori. La metodologia messa in atto prevede sempre di porre al centro ‘la persona’ e dopo un attento ascolto si procede con la presa in carico e l’accompagnamento o l’orientamento per uscire dallo stato di bisogno e dalla cronicizzazione dello stato di povertà. Molto importante è il lavoro in rete con i servizi pubblici locali e con le organizzazioni di volontariato. La Caritas Diocesana, infatti, ospita presso i propri locali l’‘Ambulatorio Solidale Prima gli Ultimi’ che quotidianamente visita utenti della diocesi in collaborazione con molti volontari medici e infermieri. Le Opere Segno e le azioni progettuali sono lo strumento principale per animare e coinvolgere la comunità. Il sostegno e il supporto agli utenti – ha concluso don Fabio – prevedono anche momenti di sensibilizzazione su alcune tematiche importanti quali il gioco d’azzardo, la gestione finanziaria e le strategie per non cadere nell’usura. In questi momenti formativi e informativi vengono invitati e coinvolti anche i cittadini che non si rivolgono ai servizi della Caritas ma sono eventi aperti a tutti”.

Dal canto suo, don Marco Pagniello, ha evidenziato che “in vista del Giubileo il Papa ci invita a fare nostra la preghiera del povero che sale fino a Dio. Come volontari Caritas, siamo chiamati ad alimentare con la preghiera il nostro servizio, per non essere semplici benefattori o persone di buona volontà, ma segni dell’amore di Dio.

Una preghiera confidente – ha aggiunto – che non ci lascia indifferenti ma ci chiede di trasformare la preghiera stessa in gesti concreti. Il volontario Caritas vive la sua relazione con Dio nella preghiera perché, amando Dio, trova la motivazione e la forza per amare i fratelli nelle situazioni più disagiate. Alla vigilia del Giubileo, invito i nostri volontari ad essere testimoni di carità e di speranza, che è il grande bisogno di questo nostro tempo.”

Ed in questo contesto, “il volontariato è essenziale nella vita del nostro Paese e come italiani dobbiamo esserne fieri: dal volontariato cattolico alle diverse forme di impegno civile. Un volontariato che sia organizzato e non spontaneo, formato e competente, che sceglie di servire chi ha bisogno e di condividerne la vita. Un volontariato che stia attento a non farsi strumentalizzare. La gratuità non è fine a sé stessa, ma ci fa sperimentare la bellezza della vita che è dono e che può essere donata. Un volontariato che superi la logica dei ‘progettifici’ ed esprima la parte più bella della Chiesa e della società”.

Concludendo l’incontro, il vescovo, monsignor Serafino Parisi, nel ricordare che “a noi è chiesto non di guardare alla povertà che è una cosa astratta”, ha evidenziato che “la Chiesa ci sta dicendo che la povertà la dobbiamo sconfiggere, combattere, superare”. Però, “mentre da un lato dobbiamo sconfiggere la povertà -ha aggiunto il Vescovo -, dall’altra parte dobbiamo redimere, cioè risollevare, rialzare il povero”.

Quindi, mentre si ha “un’attenzione particolare verso i poveri, i più deboli” secondo monsignor Parisi, contestualmente “viene condannata la ricchezza” e “lavorare per la redenzione del povero vuol dire intervenire sulle cause della povertà. Cioè la cura deve partire dalle radici. È chiaro che noi siamo per gestire le emergenze, che è una cosa meritoria. Però non si può andare avanti solo gestendo le emergenze perché così non si riesce a progettare. E con la progettazione l’intervento deve essere sistemico, strutturale. Non bisogna cronicizzare le povertà come non bisogna cronicizzare le malattie, ma bisogna rimuoverle. Noi non vendiamo farmaci perché se vendessimo farmaci saremmo per la cronicizzazione della malattia. Noi – ha concluso monsignor Parisi – dobbiamo intervenire con le nostre medicine che sono la generosità, la gratuità, l’accoglienza, la disponibilità che devono poter risolvere definitivamente la povertà che è materiale, ma ci sono anche quella spirituale e culturale che è la più drammatica. Ecco perché noi siamo chiamati ad intervenire con un sistema integrato, come già accade con la Caritas”.

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