Lamezia. Giovanni Tizian, giornalista e scrittore, nuovo direttore di Trame Festival
4 min di letturaChi è Giovanni Tizian, il nuovo direttore artistico di Trame.Festival dei libri sulle mafie
Giovanni Tizian è il nuovo direttore artistico di Trame, il festivale dei libri sulle mafie che da dieci anni si tiene a Lamezia. Fondazione Trame ha annunciato il cambio della guardia alla direzione artistica, per sette anni in mano al giornalista e scrittore siciliano Gaetano Savatteri.
L’incarico a Tizian è la grande novità che anticipa la decima edizione della kermesse culturale divenuta un evento nazionale di gran livello sociale.
Il pubblico di Trame, e non solo, conosce bene Tizian, più volte ospite a Lamezia Terme con i suoi libri e le sue inchieste.
Classe 1982, calabrese di nascita (di Bovalino) ed emiliano d’adozione, attualmente è la firma di punta del quotidiano ‘il Domani’. Ha scritto di criminalità organizzata anche sulle pagine de l’Espresso e la Repubblica.
Ha mosso i primi passi nel giornalismo su la Gazzetta di Modena, che non ha mai abbandonato, occupandosi di cronaca, giudiziaria, economia e organizzazioni criminali. Ha collaborato con il mensile Narcomafie e il portale Stop’ndrangheta.it.
E’ autore, nel 2011, di Gotica, ‘ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea edito da Round Robin; nel 2013 di La nostra guerra non è mai finita e nel 2014 de Il clan degli invisibili, entrambi pubblicati da Mondadori; nel 2018 di Rinnega tuo padre, edito Laterza; di Atlante illustrato di Cosa Nostra e Atlante illustrato della ‘ndrangheta, Mondadori Electa, nel 2019 e 2020; e de Il Libro nero della Lega, nel 2019, edito da Laterza.
Negli anni ha collezionato: il premio per i cronisti di provincia dedicato a Enzo Biagi, il Premio Gian Piero Orsello – Città di Civitavecchia, il Premio nazionale Giuseppe Fava, il Premio Speciale alle Personalità Formica D’Oro 2018, il Premio Inchiesta 2019 di Castelfidardo, una menzione speciale al premio Biagio Agnes, e la “Colomba d’oro per la pace” dell’Archivio per il disarmo.
Ha dedicato ogni riconoscimento ai giornalisti precari, sfruttati, e minacciati.
E’ stato costretto a vivere sotto scorta dopo aver raccontato sulla Gazzetta di Modena il business delle slot machine illegali che faceva capo alla famiglia Femia.
«O la smette o gli sparo in bocca» aveva minacciato il nicese Guido Torello (poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a 9 anni di carcere) al telefono con il boss Nicola Femia, intercettato dalla Finanza di Bologna.
Quella per le dinamiche mafiose, e per la ‘ndrangheta in particolare, non è però solo sete di giustizia e passione per la libera informazione per Giovanni Tizian.
Il giovane giornalista, con la criminalità organizzata e la Calabria più ingiusta, ha fatto i conti fin da bambino, dopo l’uccisione di suo padre Peppe, bancario a Locri, il 23 ottobre 1989, all’età di 36 anni.
“Se n’era dovuto andare, portato via dalla madre e dalla zia per farlo crescere lontano da un ambiente infame – scriveva di lui nel 2017 Attilio Bolzoni sul suo Blog Mafie. Destini che si incrociano intorno a una famiglia che aveva soltanto il desiderio di una normale esistenza, che s’inseguono dalla Locride alla pianura padana. Con quei “calabresi” che sono sempre lì, a minacciare le vite degli altri. Canaglie che il più delle volte sono rimaste impunite, padrone di decidere chi deve morire o chi deve mettere la testa sotto i loro piedi. (…) Due anni ci sono voluti ai familiari per visionare gli atti dell’inchiesta sull’uccisione di Peppe Tizian, ne sono passati altri ventotto e nulla si sa ancora sui mandanti e gli esecutori di quel delitto nella Locride. Niente di niente. Frammenti di verità che Giovanni ricerca con la passione e il dolore ma anche con gli strumenti del suo mestiere, l’indagine e le connessioni, il contesto, le testimonianze, il racconto”.
Assassinato a colpi di lupara mentre rincasava, le indagini non produssero infatti alcun risultato, nonostante si fosse subito profilata la pista legata ad una pratica bancaria in odore di mafia.
L’ennesimo caso irrisolto, dopo molti depistaggi, emblema di un periodo tragico: la seconda guerra di ‘ndrangheta e la stagione dell’anonima sequestri.
Erano gli anni del terrore, del silenzio, della solitudine, delle mazzette, dell’ignoranza e della vergogna.
Fu una colonizzazione violenta e sanguinosa.
Era trent’anni fa, ma sembra oggi.
E’ per questo che assume ancora più valore la scelta di vita e il coraggio di Giovanni.
E’ per questo che crediamo che sia lui il volto e la nuova voce di una Calabria che tenta, con fatica, di riscattarsi.
Maria Francesca Gentile