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Lamezia, la Caritas nazionale incontra la delegazione regionale

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LAMEZIA. L’incontro annuale di Caritas Italiana con la delegazione di Caritas Calabria è avvenuto a Lamezia Terme, alla presenza del direttore nazionale Francesco Soddu, del vicedirettore vicario Paolo Beccegato, del vescovo della diocesi di Lamezia Mons. Luigi Antonio Cantafora e del delegato regionale Caritas Don Antonino Pangallo.

Un convegno, riservato ai direttori e ai membri della Caritas diocesana, che ha posto al centro del dibattito la ridefinizione del ruolo di Caritas nel terzo settore e l’esigenza di tendere a un modello comune per l’intervento sui territori. La finalità, dunque, è quella di creare un piano d’azione condiviso che possa trainare un welfare regionale ancora troppo debole e inefficace.

La giornata si è aperta nella preghiera partecipata introdotta da Mons. Cantafora, che ha espresso il suo auspicio per il futuro di Caritas: «Così come Dio si è umanizzato, anche noi come Caritas dobbiamo operare ʽumanizzandoʼ – riportando agli aspetti concreti della vita – la Chiesa e i suoi comandamenti».

A guidare l’intero incontro Don Francesco Soddu, che ha messo in evidenza i punti focali del dibattito. «L’obiettivo di Caritas sarebbe quello di non esistere più, perché la carità dovrebbe essere naturale nelle comunità». Un’affermazione forte quella del direttore di Caritas Italiana, che guarda subito alla realtà delle cose e circoscrive il campo di pertinenza delle opere di Caritas: il campo della carità, virtù teologale e valore cristiano che, non bisogna dimenticare, è anche una naturale attitudine umana. Quando quest’ultima, però, non è spontanea, come nella società contemporanea, allora va ripensata e costruita insieme: all’interno di quel laboratorio continuo che è Caritas Italiana. Un ʽlaboratorioʼ presente in una dipanazione capillare di realtà diocesane. Queste rappresentano tanti piccoli tasselli che compongono quell’immagine unica, che Caritas Italiana presenterà alla prossima giornata della povertà.

Le Caritas diocesane verso un metodo comune

Caritas Italiana propone la formulazione e l’acquisizione di un metodo condiviso per le Caritas diocesane, che possa fungere da strumento con cui affrontare una stagione caratterizzata da smarrimento e confusione. La contemporaneità – che permea il contesto in cui si opera – pone, infatti, delle problematiche da risolvere anche e soprattutto nel settore del sociale. Rispetto al linguaggio ecclesiale, per cominciare, bisogna fare una brusca frenata. I termini usati solitamente come ʽinclusioneʼ, ʽsolidarietàʼ e così via, sono stati espropriati dal loro valore semantico originario, e vengono inseriti nei più svariati contesti, con accezioni talvolta politiche o sindacali e quant’altro.Caritas, perciò, col suo operare deve infondere prima di tutto una cultura, che si ponga come fine il superamento dei luoghi comuni e della comunicazione superficiale e incattivita del nostro tempo.Tali abitudini linguistiche, infatti, stanno diventando le colonne portanti di un dialogo scevro di contenuti d’interesse comune. Per il superamento di tali problematiche bisogna porsi come fine ultimo la comunità, che, in quanto tale, può esistere solo se si basa sui poveri.Condivisione delle buone pratiche attraverso la cultura e la costituzione di un linguaggio comune: risultano essere le linee guida per il futuro delle Caritas.

Le esperienze di Caritas nelle diocesi calabresi

È seguito un momento di confronto tra le realtà territoriali di Caritas in Calabria rispetto al lavoro di progettazione e formazione. Rosa Rosalba vice direttrice Caritas Cosenza-Bisignano ha introdotto le modalità d’intervento con cui operano le Caritas calabresi. Il primo polo d’azione sono i centri d’ascolto – finestre aperte ai bisogni della comunità -, pensati e distribuiti in modo capillare. L’orientamento ai servizi sul territorio è una delle loro funzioni primarie. Altro punto è quello di mantenere l’impegno verso i corridoi umanitari, esperienza che da sempre contraddistingue Caritas italiana. Infine necessari, in questo momento storico, gli sportelli sul reddito di cittadinanza, sull’usura e sulle dipendenze.
Sono intervenuti i vari responsabili regionali di Caritas, tra questi c’è chi ha ricordato la rilevanza della presenza di Caritas sui territori, prendendo come esempio la collocazione (recentissima) di un centro d’ascolto Caritas all’interno della tendopoli di San Ferdinando. E chi ha rimarcato l’esigenza di una formazione partecipata da tutti gli animatori almeno una volta all’anno.
Tra le numerose esperienze riportate nel corso della giornata c’è stata anche quella di Costruire Speranza, la scommessa educativa di Caritas. Si tratta del primo progetto, nato nel 2013 e ancora in atto, che ha coinvolto tutte le 12 diocesi calabresi. Il progetto si articola in diverse attività volte a educare i giovani alla legalità; sia attraverso la formazione con le testimonianze degli imprenditori che si sono ribellati al pizzo, sia attraverso la realizzazione di progetti artistici come concorsi di cortometraggi e fotografici.

Il delegato regionale Caritas Don Nino Pangallo, alla luce delle testimonianze delle singole realtà attive in Calabria, ha messo in evidenza la necessità di una correlazione tra queste. Partendo dai bisogni concreti di ogni comunità si può costruire una risposta collettiva ed efficace.

I dati Istat e lo stato del welfare calabrese
Il rapporto sulla povertà 2018 riporta 5 milioni di italiani in serie difficoltà economiche, le forme governative di intervento applicate sono state: la carta servizi, il SIA, il REI e attualmente il possibile Reddito di Cittadinanza. Ma non si riscontra ancora una minima incidenza tangibile.

Secondo l’Istat la Regione Calabria sul welfare è la più disimpegnata tra tutte. La nostra regione spende più fondi per eventi, manifestazioni e fiere che per servizi sociali continuativi. Un welfare debole e abbandanato dalle istituzioni, che risulta ancora instabile dopo la legge n°328 del 2000, che sanciva l’obbligatorietà per le regioni italiane di dotarsi di piani con sistemi di interventi e servizi sociali adeguati. Di conseguenza la povertà calabrese non sembra dare cenni significativi di miglioramento. Un’analisi del contesto regionale arriva a stimare 250mila nuclei familiari che versano in condizioni di disagio o di rischio povertà: una percentuale del 36% rispetto alla media nazionale del 12,9%.

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