Lamezia. Reati ambientali a Scordovillo, interviene la Direzione Distrettuale Antimafia
3 min di letturaNel corso della mattinata odierna, i Carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme hanno eseguito 14 misure cautelari personali (4 custodie cautelari in carcere e 10 obblighi di dimora nel Comune di Lamezia Terme), emesse dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro, nei confronti di altrettanti soggetti, già destinatari di misure emesse dal Tribunale di Lamezia Terme, ritenuti responsabili del reato diattività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (art. 452 quaterdecies C.P.).
La misura trae origine dalla richiesta di rinnovazione di misure cautelari personali e reali avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, competente per il nuovo reato di “attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti” previsto dall’art.452 quaterdecies.
Si tratta di una delle prime applicazioni del nuovo titolo di reato, volto a contrastare le cd. “ecomafie”, introdotto dal legislatore nel nostro codice penale con il decreto legislativo nr.21 del 1° marzo 2018, in vigore solo dal in vigore dal 6 aprile, e che prevede la pena della reclusione da uno a sei anni, più eventuali pene accessorie, per chi “…al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti…” nonché la confisca, anche per equivalente, delle cose che sono servite a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato.
Rinnovato, infatti, anche il sequestro della “Beda Ecologia Srl”, società attiva nel campo del trasporto rifiuti con sede operativa all’interno del citato insediamento, e di tutti i mezzi utilizzati per i predetti trasporti.
Provvedimento, quello eseguito stamane, che va a confermare la ricostruzione della filiera criminale al cui vertice vi era appunto la “Beda Ecologia Srl”, il cui amministratore unico è Antonio Berlingieri, presso la quale, come documentato dalle attività tecniche, una serie di “microconferitori”, prevalentemente residenti all’interno del campo, dopo aver raccolto ingenti quantità di rifiuti di varia natura, pericolosi e non, vendeva gli stessi.
Rifiuti che, in assoluta violazione delle norme ambientali, venivano lavorati per essere successivamente trasportati presso altre società del medesimo settore dell’hinterland lametino.
Gli scarti della lavorazione, invece, venivano sversati lungo la via d’accesso all’accampamento ove periodicamente, attese le considerevoli dimensioni che raggiungeva questa vera e proprio discarica abusiva, venivano dati alle fiamme provocando nubi tossiche contenenti diossina oltre all’accertato inquiname