Lamezia Terme ricorda le sue vittime innocenti di ndrangheta
3 min di letturaQuesta mattina nel quartiere Miraglia il ricordo della città per Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano, nel trentunesimo anniversario del loro assassinio, e per tutte le vittime innocenti di ndrangheta lametine: Francesco Ferlaino, Pietro Bevilacqua, Salvatore Aversa, Lucia Precenzano, Gennaro Ventura e Antonio Francesco Talarico
Francesco Ferlaino, ucciso a Nicastro a colpi di fucile da sicari ignoti: quarantasette anni sono trascorsi da quel 3 luglio 1975 ma nessuna condanna ha avuto luogo. È stato il primo magistrato vittima di ndrangheta in Calabria.
Pietro Bevilacqua, vigile del fuoco, assassinato perché ritenuto artefice volontario dell’incidente stradale in cui perse la vita il capo locale Vincenzo Paradiso. Bevilacqua, nel tentativo di ottenere protezione contro le minacce della famiglia del defunto, si era rivolto al capobastone del tempo.
4 gennaio 1992. Alle 19, in una zona centrale della città, il sovraintende di Polizia Salvatore Aversa e sua moglie Lucia Precenzano, insegnante, vengono colti da una scarica di proiettili mentre fanno compere. I coniugi non hanno scampo, il movente dell’agguato è nei fascicoli sui quali Aversa stava lavorando.
Gennaro Ventura, scomparso nel nulla il 16 dicembre 1996, all’età di 28 anni. Per 20 anni la morte del fotografo, carabiniere in congedo, è stata avvolta nel mistero. Solo nel 2015, con il pentimento dell’esecutore materiale del delitto, Gennaro Pulice, la vera storia dell’omicidio è assurta agli onori della cronaca: ucciso per vendicare l’arresto di un parente che la vittima aveva contribuito a far condannare.
Il 2 settembre 1988 si stava dirigendo sul suo posto di lavoro, un cantiere edile in località Bagni, nei pressi del cimitero a Sambiase, quando fu raggiunto alle spalle da diversi colpi di arma da fuoco che lo ferirono mortalmente a soli 50 anni. Antonio Francesco Talarico, guardia giurata, è stato ucciso dalla ‘ndrina locale per una questione di guardianie.
Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, vittime di un agguato particolarmente cruento, il 24 maggio 1991, esattamente trentuno anni fa. Trucidati a colpi di kalashnikov, all’alba, nel quartiere Miraglia di Sambiase (Lamezia Terme) mentre svolgevano il consueto giro di raccolta della nettezza urbana. Giovanissimi, innocenti, vittime due volte: della ‘ndrangheta e dello Stato che non ha saputo ancora riconoscergli giustizia. Ignoti restano mandanti ed esecutori.
Nel loro ricordo si è svolta la “Giornata della memoria lametina delle vittime di ndrangheta”, recentemente istituita dal Consiglio Comunale di Lamezia Terme, su proposta dell’Associazione Antiracket Lamezia Onlus (ALA), della Fondazione Trame e di A.G.E.S.C.I. Zona Reventino, con il sostegno di ARCI Servizio Civile, della Parrocchia del Carmine di Lamezia, del Masci zona Reventino e dell’Associazione Comunità Progetto Sud.
Intervenuti, nel luogo in cui si consumò l’attentato a Tramonte e Cristiano, il sindaco Paolo Mascaro, il presidente del consiglio comunale Giancarlo Nicotera, il procuratore della Repubblica Salvatore Curcio, il deputato Giuseppe D’Ippolito, la direttrice della Fondazione Trame Cristina Porcelli, Maria Teresa Morano per l’Associazione Antiracket Lamezia, Gisella Ferrari in rappresentanza dell’AGESCI, gli scout che hanno proposto la lettura delle storie commemorate, i volontari di Trame, alcune delegazioni studentesche, Don Pasquale Di Cello, le Forze dell’Ordine e i parenti delle vittime. Tra la folla Don Giacomo Panizza, alcuni consiglieri comunali, l’ex sindaco Gianni Speranza.
Anche Lamezia ha i suoi eroi e non vuole dimenticarli, questo il messaggio lanciato.
La giornata è stato il primo passo concreto per riportare alla luce nomi e storie sepolte nel passato e nell’ingiustizia. Ogni anno, il 24 maggio, la città si riunirà per ricordare ai giovani l’importanza della memoria, della conoscenza, della lotta alla ndrangheta. Oggi forse mutata, ma sempre presente capillarmente nel tessuto sociale ed economico, nutrendosi di silenzio e indifferenza. Non più accettabili.
Maria Francesca Gentile