Lamezia. All’Uniter si discute del contributo della Neurochirurgia alle Neuroscienze
3 min di lettura“Il contributo della Neurochirurgia alle Neuroscienze” è stato il tema centrale di una conversazione promossa dall’Uniter di Lamezia Terme, presieduta da Costanza Falvo D’Urso
Dopo una breve introduzione del dottore Giovanni Caruso sull’argomento, il professore Giorgio Volpentesta, del Policlinico Mater Domini di Catanzaro, ha relazionato sulla integrazione della Neurochirurgia con tutte le Neuroscienze che sono l’insieme degli studi scientificamente condotti sul sistema nervoso e richiedono conoscenze di fisiologia, biologia molecolare, biologia cellulare, biologia dello sviluppo, biochimica, anatomia, genetica, biologia evoluzionistica, chimica, matematica e statistica.
«Oggi non è più pensabile – ha affermato il professore Volpentesta – che il neurochirurgo sia il deus ex machina del malato, anche se è una figura importante, perché si deve correlare con il neurologo, il neuroriabilitatore, il neuroradiologo, il biochimico, il microbiologo senza pretendere di stare da solo e perciò si parla fondamentalmente di scienze traslazionali. Infatti – ha proseguito – bisogna trasportare le conoscenze da un campo ad un altro per arrivare al miglioramento dello stato dell’ammalato in tutte le sue fasce di età. Oggi non c’ è più preclusione all’età delle persone che si operano anche ad 87 anni».
Naturalmente si ricorre alla Neurochirurgia quando si avverte la necessità dell’intervento chirurgico e non quella di terapie conservative.
Per potersi curare, il paziente può rivolgersi al medico di base che lo rimanda ad uno specialista che comincia ad interagire con altri specialisti per arrivare alla soluzione del caso.
«Nell’ambito della nostra Università – ha dichiarato il professore Volpentesta – esiste questa traslabilità che è il futuro di un nuovo modo di pensare ma, per fare prevenzione, è necessario ricorrere alla medicina di base».
Oggi si sono fatti passi da gigante nella Neurochirurgia che implica la conoscenza di se stessi attraverso l’analisi della letteratura scientifica aprendosi ad innovazioni che consentono di intervenire sul cervello, sulla colonna vertebrale e sui nervi e su altro adottando tecniche moderne e meno invasive.
È possibile, per esempio, inserire nelle arterie materiali sottilissimi che vanno ad invadere un aneurisma o intervenire su patologie cardiache acute o su un ictus ischemico con strumenti particolari e dare al paziente la possibilità di tornare ad una vita normale.
L’uso di tecniche chirurgiche minimamente invasive stereotassia/chirurgia stereotassica/neurochirurgia funzionale consentono di curare alcune forme di disturbi del movimento come la malattia di Parkinson, corea, ballismo-emiballismo atetosi e anche di lenire alcune forme di dolore intrattabile da cancro o trauma del sistema nervoso centrale o periferico, alcune forme di disturbi psichiatrici, embolia cerebrale, malformazioni del sistema nervoso, malformazioni vascolari del cervello e via dicendo.
«Come neurochirurgo – ha concluso il professore Volpentesta – mi rendo conto che l’abilità chirurgica e i progressi tecnologici sono molto importanti ma soltanto la comprensione delle nuove scoperte in altri ambiti delle Neuroscienze può aprire la strada a modalità di cura innovative e più efficaci per i pazienti affetti da patologie neurologiche. Il compito più difficile è quelllo di formare la prossima generazione di neuroscienziati per colmare il divario tra le enormi conquiste della scienza base e le relative applicazioni cliniche e di rafforzare le collaborazioni tra i giovani ricercatori».
Lina Latelli Nucifero