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#lamoreaitempidifacebook: intervista a Roberta Renda

5 min di lettura

Sabato 7 aprile, al TIP Teatro, andrà in scena una nuova replica dello spettacolo #lamoreaitempidifacebook, con la regia di Roberta Renda: l’abbiamo incontrata per capire cosa sia per lei il teatro, e com’è nato questo lavoro…

Chi è Roberta Renda? La tua formazione, la tua persona…

Sono un’attrice, regista e performer teatrale. Mi occupo anche di laboratori: ma oltre a recitare, una delle passioni che mi ha travolto ultimamente è la regia.

Ho studiato all’Accademia di Arte Drammatica di Bologna, successivamente ho fatto diversi laboratori di formazione dal teatro di strada a quello sperimentale e più intimista e d’avanguardia. Così ho acquisito le basi “classiche” del mestiere, di quello che credo sia il mestiere, anzi, l’arte più bella del mondo.

Avendo attraversato tutti questi generi, qual è il teatro che ti piacerebbe fare? Le emozioni che vorresti trasmettere dal palcoscenico?

Per me come autrice conta che il teatro abbia sempre una strettissima connessione con i nostri tempi, con le condizioni coeve dell’uomo: non a caso tutti i migliori drammaturghi hanno scritto opere che hanno valenza universale. Se io leggo Medea, o Pirandello, trovo comunque un messaggio valido anche per oggi.

Ma questo non perché l’uomo non cambi, ma perché i moti dell’animo e dello spirito sono sempre uguali nel tempo. Il teatro penso abbia questo senso: riuscire a cogliere la contemporaneità, quello che succede intorno a noi trasformandolo in leggi universali.

Ed ecco come nasce l’idea di #lamoreaitempidifacebook: prendere un evento contemporaneo e capirne il senso più profondo, scavare sempre oltre ma dentro di sé. Penso che il teatro aiuti a fare questo.

Quindi un continuo mutamento. Però sempre uguale a sé stesso.

RR: Si, per chi ha la volontà di riflettere, di mettersi in discussione: anche citando Giovanni Paolo II, “fate della vostra vita un capolavoro d’arte”, è un concetto che adoro, perché vivendo si può sempre crescere per completare questa opera d’arte che è l’essere umano.

#lamoreaitempidifacebook: quanto hai messo di tuo? Lo spettacolo è una sorta di tragicommedia, c’è molto del contemporaneo ma anche qualcosa di passato. Hai messo parte della tua vita, di accadimenti personali, sulla scena?

#lamoreaitempidifacebook è nato quasi per caso: appena ho scoperto e ho letto il testo, sul social, mi è sembrato adatto per essere messo in scena. Ho però utilizzato il materiale originario come canovaccio, che poi si è sviluppato.

Non c’è una componente autobiografica: direi però che in ogni caso ho vissuto, come penso tutti, questa dimensione di dipendenza a questo social che è in fondo una finestra sul mondo. E da ciò si riescono a capire molte cose, molte attitudini e modi di essere dei frequentatori. Ma l’essere sempre collegati fa sì che si è sempre spiati, indagati, sotto osservazione: due facce della stessa medaglia.

#lamoreaitempidifacebook

E’ la tua prima regia? Come ti approcci alle due donne, alle due attrici in scena? In genere come lavori con i tuoi attori?

Ho fatto in passato altre piccole cose, ma questo è il mio primo spettacolo compiuto ed importante. Il rapporto che si crea in scena è molto forte: in questo caso, con Giusy ed Alessandra (Cervadoro e Caruso, le due protagoniste, nda) mi rendo di conto che ci conosciamo benissimo, anche se in realtà non siamo le classiche “amiche” che escono insieme.

Ma abbiamo una conoscenza molto profonda, che va al di là della chiacchiera, facendo teatro insieme automaticamente tiri fuori l’intimo, il personale.

Il mio approccio è sempre collaborativo, io sono molto visionaria, molte volte ho dei lampi e vedo, immagino la scena come la vorrei e come mi si prefigura in testa: quello che mi rende contenta è però avere la capacità di comunicarlo.

È per questo che si crea un rapporto vicendevole: io lancio l’idea, gli attori (o le attrici, in questo caso) riescono a recepirlo, ed è questa la cosa più importante per un regista, avere la visione generale, un quadro di massima, all’interno del quale lavorare con i propri protagonisti.

Sentendosi un tutt’uno con gli attori. Poi, io sono anche attrice quindi riesco bene a capirle, a capire come portarle a questo. Ci sono inevitabilmente momenti di tensione, ma fanno bene, costruiscono il rapporto e lo spettacolo.

Altri programmi futuri?

Questo spettacolo sicuramente continua: anzi, #lamoreaitempidifacebook che vedrete al TIP il 7 aprile è una versione completamente nuova, ha seguito una maturazione per cui abbiamo lavorato sulle lettere di Rilke che descrivono una sua storia molto importante, molto intensa, quindi abbiamo aggiunto questa componente classica, particolarmente intima.

Penso sia quindi fondamentale, in questo caso, la profonda differenza fra le lettere “classiche” che venivano scritte e l’attualità di facebook.

Quindi c’è questo progetto che non è uno spettacolo finito, ogni volta si accresce e ho intenzione di lavorarci e portarlo avanti: ma sto già pensando ad un’altra regia, che vorrebbe toccare temi molto al femminile parlando del rapporto fra donne e mafia… c’è poi un altro testo che amo molto, Donne Che Corrono Coi Lupi… quindi è tutto un cantiere con lavori in corso, oltre ovviamente alla scuola, dove come esperta esterna insegno teatro ai bambini, e alle varie collaborazioni e laboratori che mi piace fare un po’ ovunque.

Il teatro è sempre stato nella mia vita: c’è stato un periodo in cui, appena tornata da Bologna, l’avevo abbandonato, quasi come una ripicca, pensavo di non farlo più. Ma non sono riuscita: il teatro in un modo o nell’altro mi ha ripresa, è una parte inscindibile di me, io lo considero veramente un dono.

Valentina Arichetta

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