L’editing del DNA, l’austera bellezza della poesia e l’arte della pasticceria, donne da Nobel.
3 min di letturaChe l’andamento dell’anno fosse sorprendente lo si era capito. A partire dai gruppi whatsapp delle mamme che avevamo anche intuito che questo è l’anno delle donne più che del coronavirus. Le uniche in grado di mano le routine e rivoltarle, fare il taglia e incolla del dna, fare arrivare le poesie a tutti, tirarsi su le maniche e continuare a fare dolci anche se ne hai buttato una quintilata, anche se non si vendono più “torte grandi”.
Non c’è molta differenza tra Louise Glück, premio Nobel alla Letteratura, Emmanuelle Charpentier, Jennifer A. Doudna, premio Nobel alla Chimica e Marina, premio alla resistenza e all’arte della pasticceria artigianale nella centrale Porta Romana.
Tutte e quattro, attingono all’ unicum universale cui appartiene l’anima delle donne. E’ condivisa, è primitiva, è l’anima che lega le donne dalla notte dei tempi.
Forse fu Eva, forse Pandora, forse fu la generazione stessa della vita.
Vi apparteniamo. Punto. Anche se disconnesse per via del wi fi che non va, del che studi a fare, delle coliche del figlio piccolo, della dislessia della figlia grande, delle vacanze in barca a vela, della rata mutuo, del capo rompicoglioni da dribblare, delle cene da preparare per parenti che non vuoi, delle proposte di matrimonio ormai troppo tardi, degli schiaffi di chi hai spostato, dei tradimenti del fratello che non puoi odiare, delle dispense piene di colombe pasquali da buttare.
E quanto decidiamo di connetterci a quell’unicum, acquisiamo con leggerezza capacità sovrumane che hanno la potenza di portare le montagne a Maometto per intenderci.
Forse è la potenza di fuoco come dicono i supereroi che giocano sul tappeto in sala.
In questo momento storico, più che in altri, l’appartenenza alla dimensione femminile, ho motivo di credere, sia vantaggiosa e può diventare estremamente più vantaggiosa per tutti, se riconosciuta e sostenuta, da tutti.
Per come lo sento io, il Nobel a queste donne è un riconoscimento non tanto al contenuto delle loro opere e scoperte ma all’ azione continua e intensa di una vita che, nonostante tutto, hanno portato avanti.
Per questo, il loro Nobel non appartiene specificatamente a loro. Appartiene a tutte quelle come loro, a tutte noi. A Marina di Pan di Zucchero ad esempio, la cui nomination nessuno ha avallato presso l’Accademia di Stoccolma. Ma che con la sua azione continua e intensa riesce a portare avanti l’attività di famiglia nonostante tutto. Tutto il covid, tutta una stagione di feste, compleanni e cerimonie, sospesa da quale parte.
Se venti anni fa non avessimo avuto la fortuna di comprare le mura di questo locale pasticceria, adesso la saracinesca sarebbe chiusa definitivamente. I diametri delle torte che facciamo sono sempre più piccoli ma ci siamo adattati. Non ci sono più grandi feste in famiglia, le torte sono per nuclei familiari, per gruppi di 6, 8 comunque sempre sotto le dieci persone.
Meno male che c’è ancora qualcuno che ha voglia di festeggiare e di concedersi un bisogno secondario perchè i dolci questo sono. Se ne può fare a meno.
Sono qua ogni giorno e porto avanti laboratorio e famiglia.. tutti flessibili, anche i progetti che avevamo si sono dilatati nel tempo. Non so se avere fiducia ma è l’unica cosa che rimane anche quando la mattina dopo dei dpcm arrivano le telefonate di disdetta delle torte da venti persone.
La voce ogni tanto si rompe e gli occhi si bagnano ma Marina è un caterpillar e tutte le mattine arriva in laboratorio dopo aver sistemato figlie e nonni, dopo un’ora di mezzi di trasporto. Risponde sempre al telefono. E’ connessa all’unicum universale anche senza Nobel, che però serve per far capire agli altri.