Lega Giovani Calabria: è stato davvero utile questo periodo di didattica a distanza?
5 min di letturaLa Didattica a Distanza oramai è al centro della vita di ogni studente. Quali sono realmente i punti di forza e i contro della stessa?
Comunicato Stampa
Il 4 marzo 2020, con l’inizio dell’emergenza sanitaria sancita dal Premier Giuseppe Conte con il lockdown previsto nel suo primo DPCM, anche tutte le scuole di ogni ordine e grado e i poli universitari sono stati giustamente chiusi, al fine di evitare l’aumento di contagio anche negli stessi.
Nello stesso provvedimento, si trova la seguente dicitura: i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità (articolo 1, lettera g).
Per farla breve, c’era il solo obbligo da parte della dirigenza scolastica di attivare modalità di didattica a distanza, ma ad esso non corrispondeva alcun obbligo da parte dei docenti.
Dunque, non si hanno né i principi né i criteri con i quali portare avanti questa nuova didattica a distanza, ma c’è solamente un semplice un via libera di qualcosa di facoltativo e non di obbligatorio, con l’unico fine di continuare a garantire il diritto allo studio riservato agli studenti, per non abbandonarci nel dolce far nulla.
Segue a questo invito di proseguo delle attività uno stanziamento di 50milioni di euro a beneficio delle scuole italiane.
Facendo due calcoli, ci accorgiamo che si tratta di meno di 2mila euro cadauna.
Questo provoca un problema di fondo importante: molti non possedevano i mezzi per affrontare questa nuova modalità di formazione, lasciando la fascia di popolazione più “debole” in balia di sé stessa, non permettendo loro di continuare a studiare, rimanendo, dunque, indietro rispetto all’andamento della classe.
Le risposte non sono neanche arrivate con il DPCM del 25 marzo che abroga il precedente, bensì con il decreto dell’8 aprile, presentato in diretta nazionale il 5 aprile.
In quella serata il Ministro Azzolina pronunciò una frase importante, che ritirerà (come fatto con molte altre) qualche tempo dopo: ammessi ma non promossi.
Affermò anche che la didattica a distanza era stata una vittoria (visto che le singole regioni si erano occupate di provvedere all’acquisto di dispositivi elettronici per chi vive in situazioni precarie e dunque quasi tutti finalmente ora potevano seguire le videolezioni) e che rappresentava il futuro dell’istruzione italiana.
Insomma, da lì la didattica a distanza diventava obbligatoria e la bocciatura sembrava essere stata sostituita da un semplice corso di recupero da tenere i primi di settembre.
Questo provoca un certo rilassamento nella testa degli studenti, svogliati e poco attenti alle lezioni, convinti di avere la promozione in tasca, garantita dalla persona del Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina.
Con l’obbligo della didattica a distanza, si dispone anche la necessità di un giudizio, noto agli studenti come valutazione formativa, con la funzione di rendicontare l’attività svolta da ognuno nel periodo di didattica a distanza, ma senza alcun valore numerico.
Sembrava essere finita qua, ma invece non è così.
L’articolo 87, comma 3 del decreto Cura Italia dispone che la valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell’attività didattica svolta a distanza nell’anno scolastico 2019/20, produce gli stessi effetti della valutazione in presenza.
Dunque, a meno di un mese alla fine della scuola, il Ministero si dispone di avere valutazioni in decimi come avveniva in presenza.
Dopo aver fatto questo excursus al fine di ricostruire come davvero è andata la didattica a distanza, capiamo come ci sia stata un’enorme confusione all’interno dello stesso Ministero, che si è dimostrato poco preparato a fronteggiare la pandemia.
Cos’è quindi cambiato con la didattica a distanza?
È sicuramente cambiata la mole di lavoro dei docenti, dato che ora si ritrovano a correggere tutti i compiti che gli alunni svolgono il pomeriggio a casa.
Per esempio, se alla classe in presenza veniva assegnata una comprensione di un testo, sicuramente la lezione seguente la si sarebbe corretta tutti insieme mediante un confronto, mentre ora un docente legge le risposte di ogni singolo alunno.
Ciò è un fattore a favore per gli studenti, che ricevono dritte e consigli singolarmente e non collettivamente.
In verità, gli insegnanti sono i primi a manifestare il malcontento provocato da questa didattica a distanza, caratterizzata dai finti problemi di connessione e dalla sete di conoscere il voto che risiede in ogni studente, per assicurarsi la promozione.
A settembre bisogna necessariamente ripartire in presenza. Si noterà come la maggior parte degli studenti non avrà recepito gli argomenti trattati della didattica a distanza, e a pagarne le conseguenze sarà come sempre quella piccola parte di studenti che anche tra le mille difficoltà sta traendo il massimo.
A nostro avviso, la didattica a distanza era l’unico strumento per proseguire, concludere e rendere valido l’anno scolastico 2019/2020, ma bisogna ovviamente sottolineare che da settembre gli alunni necessitano di ritornare tra i banchi di scuola in sicurezza perché la scuola è soprattutto interazione umana tra gli studenti ed i docenti, dato che una lezione o una verifica svolta da dietro uno schermo non sarà mai comparabile ad una in presenza.
Concludiamo con la nostra piena solidarietà a tutti coloro che quest’anno dovranno affrontare il fatidico esame di maturità, visto il ritardo dell’arrivo delle norme di svolgimento di quest’ultimo.
Manca, inoltre, un piano sui famosi PCTO (ex Alternanza Scuola-Lavoro), visto che molti alunni hanno perso un monte ore notevole.