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Locazioni brevi: il Consiglio di Stato ribadisce che i portali devono riscuotere la cedolare secca

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affitti nero

“Confidiamo che il pronunciamento del Consiglio di Stato metta la parola fine a una telenovela che si trascina da più di sei anni, durante i quali Airbnb si è appigliato a ogni cavillo pur di non rispettare le leggi dello Stato”

Con queste parole Federalberghi commenta la sentenza del Consiglio di Stato n. 9188 del 24 ottobre 2023, che recepisce le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e ribadisce che i portali di prenotazione devono riscuotere e versare allo Stato la cedolare secca sugli affitti brevi.

“Federalberghi è intervenuta nel giudizio al fianco dell’Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato, nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.

La federazione degli albergatori italiani prosegue commentando alcune notizie riportate recentemente dagli organi di informazione, secondo i quali l’Agenzia delle Entrate ha chiesto ad Airbnb di sanare 500 milioni di euro di tasse non versate: “ci auguriamo che non si facciano sconti e che la web company americana venga invitata a pagare per intero le somme sottratte all’erario in questi anni, senza dimenticare sanzioni e interessi.”

Federalberghi conclude sottolineando che “il mancato versamento delle imposte è solo uno dei tanti problemi generati dal far west degli affitti brevi” e auspica che “si proceda celermente all’aggiornamento delle norme che disciplinano la materia. Occorrono regole, controlli e sanzioni, per tutelare i clienti, i lavoratori, i cittadini e le imprese”.

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I precedenti nelle aule di giustizia 

La richiesta di Airbnb era stata già respinta dal TAR del Lazio, con sentenza del 18 febbraio 2019.

Nell’ambito del medesimo procedimento, ulteriori istanze di Airbnb erano state respinte dal TAR del Lazio il 25 settembre 2017 e il 18 ottobre 2017, dal Consiglio di Stato l’8 giugno 2018 e dal TAR del Lazio il 9 luglio 2018.

Nell’ultimo dei casi elencati, il Tribunale Amministrativo ha anche condannato il portale al pagamento delle spese, in favore di Federalberghi e dell’Agenzia delle Entrate.

Sull’argomento, si è pronunciata due volte anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che il 30 giugno 2020 ha dichiarato manifestamente irricevibili le istanze di Airbnb e il 22 dicembre 2022 ha confermato che Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi.

le grandi bugie della shadow economy

(fonte: elaborazioni Incipit consulting e Centro Studi Federalberghi su dati Inside Airbnb)

 

Gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb nella prima settimana di agosto 2023 sono oltre 503mila.

L’analisi dei dati conferma, ancora una volta, le quattro grandi “bugie” della cosiddetta sharing economy:

– non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare: più di quattro quinti degli annunci (l’81,6%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno.

– non è vero che si tratta di forme integrative del reddito: sono attività economiche a tutti gli effetti; quasi due terzi degli annunci (il 65%) sono pubblicati da host che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che ne gestiscono più di 10.000.

– non è vero che si tratta di attività occasionali: più della metà degli annunci (il 55,6%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.

– non è vero che le locazioni brevi tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta: gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

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