Lost in… The 100: tra fantascienza e lotta alla sopravvivenza
5 min di letturaPer il nuovo appuntamento di Lost in… abbiamo deciso di recensire The 100, una serie tv statunitense creata da Jason Rothenberg e tratta dai romanzi di Kass Morgan.
The 100 è andata in onda nel 2014 e si è conclusa nel 2020 con la sua settima e ultima stagione. La storia si apre nel 2149. Un gruppo di persone vive su di una stazione spaziale denominata Arca a seguito di una guerra nucleare mondiale divampata novantasette anni prima che ha reso il pianeta terra del tutto inabitabile. La vita sull’Arca è tutt’altro che semplice: è governata da regole e da leggi piuttosto rigide in virtù delle quali i trasgressori vengono prontamente puniti e fatti “galleggiare nello spazio”, ovvero radiati e gettati nel vuoto.
La quotidianità tra l’altro si complica sempre di più a causa della diminuzione delle risorse e della parallela crescita della popolazione, motivi per i quali i membri del Consiglio si rendono conto dell’effettiva urgenza di una nuova locazione. Decidono perciò di inviare cento detenuti minorenni sulla terra al fine di constatare o meno l’attuale ipotetica abitabilità. Questi ragazzi sopraggiungono perciò su un pianeta a loro sconosciuto e decisamente diverso da quello di cui hanno sentito parlare negli anni: è primitivo, aspro, selvaggio, colmo di pericoli.
Ha inizio perciò un difficoltoso percorso di adattamento ed una sanguinosa lotta alla sopravvivenza che si protrae per tutte le stagioni della serie in maniera sempre più decisa, combattuta e disperata. Del resto ogni decisione che ha condotto alla spedizione dei ragazzi sulla terra, nonché la permanenza stessa del genere umano sull’Arca, ha sempre perseguito una prepotente lotta all’estinzione della razza umana e anche e soprattutto in uno scenario post apocalittico e insidioso come quello incontrato, non può che aversi il medesimo obiettivo.
La trama costruisce di serie in serie nuove problematiche, ma problemi già noti. Moltissimi personaggi, in balia dei propri sentimenti, delle proprie convinzioni e quasi sempre dei propri egoismi, commettono ripetutamente i medesimi errori, sfociando in nuove e vecchie sventure, perseguendo in teoria questa reiterata lotta contro l’estinzione, ma determinando nei fatti anche dei paradossali ed evitabili bagni di sangue. La sopravvivenza diventa pertanto un pensiero costante, una bandiera di cui appropriarsi a tutti i costi, anche a fronte di sacrifici e tradimenti, in una continua ricerca di soluzioni mai definitive. Ogni spiraglio di luce è seguito da un collaterale nuovo buio necessitante di ulteriori soluzioni e così senza sosta fino al finale. Non ci sono svaghi, diversivi, momenti in cui è possibile allentare la tensione. Ogni episodio è il binario di un treno pieno di terrore, ed il terrore è reale se si pensa a come l’inesorabilità degli eventi induca addirittura al cannibalismo nella quinta stagione.
Questo procedere degli eventi è senza respiro ed i personaggi si ritrovano di continuo e nel giro di pochi attimi a prendere decisioni discutibili e spesso crudeli. “Quello che siamo e quello che dobbiamo fare per sopravvivere sono due cose diverse” è la summa dei ragionamenti che li muovono, ma, per quanto possano essere argomentate, è inevitabile che certe scelte determinino nello spettatore delle animate antipatie. La cosa particolare è che spesso quello stesso personaggio che fino ad un attimo prima non ha suscitato altro che sdegno a causa di un suo passo falso, diviene poi meritevole di stima in virtù di un’ulteriore scelta o di una commovente rinuncia. Tutto ciò determina un coinvolgimento, un immedesimarsi all’interno della storia, un chiedersi che cosa avremmo fatto noi nella medesima situazione, un conseguente condannare e poi assolvere, e viceversa.
La protagonista del resto è il personaggio più discutibile in questo senso ed è sempre in prima linea quando si tratta di situazioni estreme. Il suo nome è Clarke Griffin, un’apprendista medico che adopera le proprie conoscenze per impegnarsi come medico appunto una volta a terra. Fin da subito si pone come la leader dell’intero gruppo.
In questa serie tv del resto è usuale dare alle donne un ruolo di primo piano rispetto agli uomini. Le donne infatti sono tutte piuttosto forti ed indipendenti e sono sempre loro a tenere le redini delle vicende più disparate. Si pensi ad esempio a Octavia Blake, sorella di Bellamy, una secondogenita illegale e per questo motivo rimasta nascosta sotto al pavimento per tutta la sua vita trascorsa sull’Arca. Questa stessa ragazzina passata del tutto inosservata nella stazione spaziale, si trasforma sulla terra in una spietata e spregiudicata guerriera riconosciuta da tutti come Blodreina.
Si pensi oppure a uno dei personaggi più amati della serie, ovvero Lexa, magnetica e visionaria comandante della coalizione dei 12 Clan Terrestri. Questa ragazza tra l’altro rappresenta l’amore più grande della vita di Clarke, a discapito di quanto accade all’interno dei romanzi dove questo personaggio non è minimamente contemplato e dove si riscontra piuttosto una relazione tra Clarke e Bellamy che nella serie invece non vede mai la luce.
Tra i personaggi maschili, degno di nota è Markus Kane, il cancelliere, interpretato da Ian Cusick e già noto al pubblico per il suo indimenticabile ruolo di Desmond Hume nella serie tv Lost.
The 100 è una serie tv molto introspettiva e avvincente che con i suoi cento episodi crea una sinergica relazione tra storia e fruitore al punto tale da creare un piccolo senso di vuoto nonché una certa incredulità una volta conclusa.
Consigliamo con convinzione la visione di questa serie tv che risulta immeritatamente poco chiacchierata a differenza di altre più famose, ma carenti.
Concludiamo questa recensione proponendo quattro frasi topiche e significative:
Octavia: “Sono stata chiusa in un modo o nell’altro tutta la vita. Adesso ho finito di eseguire gli ordini… Devo fare qualcosa di assurdo solo perché lo posso fare e nessuno, compreso te, potrà fermarmi”.
Marcus: “Per qualche motivo, abbiamo permesso che la giustizia diventasse vendetta e che la vendetta diventasse uno sport. E io ho permesso che l’oscurità ci avvolgesse, ma la mia complicità termina oggi”.
Lexa: “La vittoria siede sulle spalle del sacrificio”.
Clarke: “Forse la vita dovrebbe essere più che semplice sopravvivenza. Non ci meritiamo di meglio?”
Simona Barba Castagnaro