Magma, il nuovo brano di Piero tra Rap e storie di vita
5 min di letturaUno dei rapper, fresco di vittoria alle Targhe Tenco del 2023, che più vive il Rap a 360° gradi è Kento, nato a Reggio Calabria ma romano d’adozione praticamente da sempre.
Nel mutuare una celebre frase di Bruce Lee, dice sempre che lui “non è Hip Hop ma vuole essere Hip Hop” per scavalcare il concetto più superficiale del Rap come sola musica e non anche cultura, valori, società e socialità.
Il Rap da sempre ha permeato il contesto civile – e viceversa – rimarcando la sua esistenza anno dopo anno tanto da diventare, da semplice festa di quartiere nella New York inizio anni ’80, a fenomeno mondiale .
Proprio quest’anno, e precisamente l’undici agosto, si celebreranno i primi cinquant’anni dalla sua nascita e non poteva esserci occasione migliore nel parlare con Piero riguardo il suo nuovo brano, Magma in uscita domani 7 luglio, di Rap e di come anche per lui abbia rappresentato, e ancora oggi rappresenta, un’ancora di salvezza.
Link per ascoltare Magma su Spotify:https://bfan.link/magma-2
Inizi a scrivere all’età di 13 anni come metodo per tirare fuori e superare un’infanzia non semplice. Ti è servito a crescere anche umanamente oltre che artisticamente?
La mia infanzia ha cambiato il percorso della strada che avrei dovuto percorrere, ma mi ha fatto capire allo stesso tempo che niente è sicuro nella vita. Ringrazia sempre le persone che ti stanno affianco ogni giorno della tua vita e ama quelle che riescono a smuoverti con un piccolo gesto. La cosa più importante che ho imparato, finora, da questo viaggio è che bisogna sempre lasciarne un ricordo.
In ambito artistico si utilizza il termine magma per descrivere un momento, nell’evolversi del processo creativo, in cui ancora tutto è informe e caotico: che caos è quello che racconti nel tuo nuovo brano?
Scritta nell’arco di due giorni, articolata in uno. Magma nasce in un periodo altalenante della mia vita. Mi sentivo bloccato, indifferente, apatico e spesso auto-sabotante. Non riuscivo a scrivere da chissà quanto tempo, saranno stati 6/7 mesi, un’eternità per me che sentivo la necessità di buttare tutto fuori. Il caos che racconta è questo, il silenzio che ho vissuto e ascoltato in quei mesi lì.
E il tuo magma interiore a che punto è?
Voglio rimanere con i piedi per terra, sono sincero. Non è ancora arrivato il momento per eruttare, ma il magma intanto sale e qualcuno dovrà pur prepararsi al terremoto.
La definizione di “relazione tossica” è entrata da pochi anni nel nostro vocabolario, anche se è sempre esistita. L’hai vissuta? E nel caso come ne sei uscito fuori?
Si, credo di averne vissuta una.. ma quando in una cosa ci sei dentro e provi emozioni forti, la vista inizia ad annebbiarsi e tu a vedere solo quello che vorresti fosse così. Questo genere di relazioni, fanno parte della nostra generazione, perché siamo fatti così, ognuno con i propri scheletri nell’armadio. Mi chiedi come fare ad uscirne? Dipende da chi hai difronte. Esistono tante persone che pur di non rimanere da sole, e con la paura di esserlo, non riusciranno mai a lasciarle andare via, ma Piero non è così, lui ha deciso perché andava presa una decisione importante.
Dici che molti giovani le vivono, secondo te a cosa è dovuto?
Esistono tanti fattori che possono determinarne la tossicità, ma uno in particolare, secondo me, riesce sempre ad aumentarne il processo: andare di fretta.
Pur essendo giovane hai ascolti nel Rap che arrivano fino a Bassi Maestro: ci puoi raccontare i tuoi preferiti tra i rapper old school e del nuovo millennio, e magari perché?
Il periodo in cui sono cresciuto, innanzitutto come ascoltatore, è dell’adolescenza. In quegli anni andava forte il rap e al contempo iniziava il processo di evoluzione della musica verso altri sottogeneri come, un esempio palese, la trap. Kaos One, Mezzosangue, Marracash, Guè, Sfera Ebbasta, Lazza, Fabri Fibra, Neffa, Luchè, Mondo Marcio, Club Dogo, Uomini di mare.. credo di averne detti abbastanza e se mi chiedi di sapere perché proprio loro io lo so, lo so perché mi hanno insegnato a vivere come fa un padre con suo figlio.
Nella storia il Rap ha salvato tante vite (in alcuni casi letteralmente). È così anche per te? C’è magari qualcuno che ti ha fatto scoprire il genere?
Si, credo che mi abbia preso con tutta la sua forza e mi abbia trascinato nel mondo che mi apparteneva. Ricordo ancora il giorno in cui mio padre mi chiamò nella sua stanza, lui era malato, sapeva già cosa stesse per accadere. Mi guardò e disse:”Piero, promettimi che ti prenderai cura di loro.. io e te siamo la stessa persona, non abbandonare mai i tuoi sogni e lavora affinché tu possa essere sempre la parte migliore del te di ieri.” Avevo 6 anni e ancora ricordo quel giorno.
Per questo brano ti sei affidato ad uno studio di registrazione. Vogliamo dire ai tuoi coetanei che credono si possa “spaccare” facendo tutto in cameretta che non è proprio così?
Anch’io sono partito con uno studio in cameretta, senza insonorizzazione acustica e senza conoscenza pratica e consapevolezza del programma che stessi usando. Avevo bisogno di un prodotto di qualità e la qualità si paga sempre quello che vale! Lavoro per pagare le registrazioni, investo per migliorare artisticamente, ho sempre voglia di conoscere persone con la mia stessa passione, credo che non ci sia investimento migliore se non quello fatto su se stessi.
E il futuro?
Come dicevo prima, ci stiamo soltanto preparando al terremoto ma in futuro prevedo un mare di lava.
Renato Failla