Mappe Criminali: il 25 maggio l’episodio “la ‘ndrangheta invisibile”
4 min di letturaAssicura profitti incalcolabili, ha permesso di consolidare rapporti e relazioni con cartelli, governi e intelligence, nonostante continui sequestri sembra inarrestabile
Del narcotraffico, la ‘Ndrangheta ha da decenni il monopolio, ma come i clan calabresi siano riusciti ad assicurarsi in esclusiva lo smercio mondiale di cocaina non è stato mai pienamente raccontato.
Per la prima volta e in esclusiva per Mappe Criminali lo svela uno degli uomini di ‘Ndrangheta che ha personalmente aperto e gestito quei canali. Un business che non è stato frutto del caso – spiega – ma di una strategia preordinata che dalla Calabria è passata per Milano per poi approdare in Colombia, fino al monopolio globale, mantenuto anche grazie agli accordi definiti all’interno di un organismo di raccordo fra ‘Ndrangheta ed altri poteri di cui per la prima volta Mappe Criminali è in grado di svelare nome ed esistenza.
Dopo il litorale romano e la Capitale, la Sicilia sulle orme di “Iddu”, la Puglia con il racconto della Quarta Mafia e un primo viaggio alla scoperta dell’espansione al nord della ‘Ndrangheta, “Mappe Criminali” – una produzione Invisible Dog per SkyItalia/Tv8 con il giornalista Daniele Piervincenzi – chiude la stagione martedì 25 maggio in seconda serata con il racconto della ‘Ndrangheta invisibile, quella che da decenni ha svestito i panni della mafia di strada e si è infiltrata nella massoneria, nella politica e nelle istituzioni.
A svelarne struttura, composizione e strategie, per la prima volta di fronte alle telecamere per “Mappe Criminali”, è un ex uomo di vertice di una delle più importanti famiglie della ‘Ndrangheta, che ha personalmente guidato la conquista di Milano a partire dagli anni ‘80. Dalla stagione dei sequestri al nord passando per le raffinerie di eroina in Lombardia, le ‘ndrine hanno attuato un’espansione coordinata e strategica nella capitale finanziaria del Paese perché “prendersi Milano significava prendersi tutta l’Italia”.
Erano gli anni in cui i fratelli Antonio, Domenico e Rocco Papalia si prendevano Buccinasco, Corsico e i paesi dell’hinterland a sud di Milano presto ribattezzate le “Platì del Nord”. Lì dove i sindaci vengono minacciati e intimiditi come in Calabria e i rifiuti vengono sversati nelle campagne circostanti. Ed è lì dove oggi è tornato a vivere il boss Rocco Papalia, scarcerato dopo aver finito di scontare una pena a 26 anni, e che rivendica di fronte alle telecamere di “Mappe Criminali” di aver costruito “mezza Buccinasco”.
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Nella “sua” Platì, che del narcotraffico è ed è stata cuore e capitale, i soldi della coca però non si vedono, così come non si vede la città nascosta di tunnel e gallerie che hanno permesso e permettono ancora a ricercati e latitanti di sfuggire a blitz e arresti. Perché a Platì nulla è come sembra. Il paese che si inginocchia davanti alle statue donate da famiglie di boss veri o presunti o che protesta perché agli uomini dei clan si vietano le pubbliche esequie, è solo lo specchietto per le allodole di un sistema più complesso ma utile perché la ‘Ndrangheta “vuole – racconta chi l’ha guidata dall’interno – farci vedere quello che noi vogliamo vedere”.
Il potere se è vero si nasconde. A Reggio Calabria però con il processo Gotha il velo sulla ‘Ndrangheta invisibile si inizia a sollevare. La città dei Moti e del tentato golpe Borghese è il regno del clan De Stefano, la famiglia che da più di mezzo secolo governa la città dello Stretto e che ha visto l’avvocato Giorgio De Stefano condannato come elemento di vertice di una struttura segreta dei clan: la Direzione Strategica. Un organismo composto da persone affrancate dalla struttura militare o visibile che dir si voglia, il cui compito è quello di dialogare con la massoneria, la politica, lo Stato e la Chiesa.
A processo per le stesse accuse c’è l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare, eminenza grigia della politica calabrese e reggina da quasi mezzo secolo, già condannato per concorso esterno in associazione mafioso e oggi imputato come elemento di vertice della direzione strategica dei clan, che davanti alle telecamere di “Mappe Criminali” si difende: “E’ una caccia alle streghe”.
E di politica economica, istituzione, strategica si discuteva e si discute ancora nell’organismo di raccordo fra le mafie e altri poteri di cui in esclusiva e per la prima volta Mappe Criminali svela esistenza, nome e composizione. Un luogo dove confluirebbero di una pluralità di entità capaci di determinare e di influenzare il destino dell’Italia e non solo e negli ultimi decenni avrebbe permesso alla ‘Ndrangheta di diventare tutt’uno con quel coacervo di intrecci economici, politici e di sicurezza nazionale che solitamente si definisce come Stato deviato, ma che forse così deviato non è.
Un sistema invisibile che però ha bisogno di soldati, sacrificabili e facilmente sostituibili. “Mappe Criminali” chiude il suo viaggio in uno dei quartieri più degradati di tutto il sud d’Italia: Arghillà, periferia popolare di Reggio Calabria. Questo è il luogo dove è possibile fare tutto ciò che altrove la ‘Ndrangheta non consente di fare: dallo spaccio di droga alla prostituzione minorile. Questo è uno dei quartieri di uomini, donne e bambini anch’essi invisibili, carne da macello da sacrificare sull’altare del reclutamento malavitoso. Perché chi non ha niente da perdere è disposto a tutto per sopravvivere.