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Donne che amano le donne. Maria Rosaria Omaggio è Oriana Fallaci

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maria rosaria omaggio - Oriana Fallaci
Lamezia Terme, 16 febbraio 2018, Teatro Comunale Grandinetti. In scena, per la Stagione di Teatro organizzata da AMA Calabria con il patrocinio della Citta di Lamezia Terme, lo spettacolo Le parole di Oriana in concerto di e con Maria Rosaria Omaggio accompagnata al pianoforte da Cristina Pegoraro.
Un omaggio alla donna e alla scrittrice Oriana Fallaci.
Una mise- en-espace che sembra nata dal desiderio di ritrovare e riproporre brani, spezzoni, lettere, frammenti di vita di una delle scrittrici più libere e scomode del ‘900. Non tanto con lo spirito della retrospettiva ma soprattutto con la curiosità di verificare quanto quei testi, anche se datati, siano ancora molto “presenti”.
Elegante, in tailleur, la Omaggio è Signora della scena. Con una voce levigata dal fumo della sigaretta e addolcita dall’accento toscano comincia a raccontarsi immersa nel paesaggio sonoro sapientemente creato da Cristina Pegoraro e bagnata da un disegno luci che predilige i chiaroscuri.
Sullo schermo alle sue spalle scorrono, come in un flusso di coscienza, le “impressioni visive” curate da Carlo Fatigoni e Vincenzo Oliva.
Ed ecco l’alchimia: l’icona si fa carne, sangue e respiro. Sembra Oriana. È Oriana.
La Omaggio/Fallaci riempie lo spazio scenico con gesti misurati, si muove con morbidezza tra il leggio e una scrivania dove fa bella mostra di sé una Olivetti lettera 22 ed è donna/scrittrice/giornalista timida e autorevole, lucida e smarrita, innocente e cruda, appassionata e tormentata, provocatoria e irriverente, ribelle e ironica, pubblica e privata, divisa tra guerre e amori.
E le parole non sono solo parole, cadaveri di alfabeto stampate su un foglio bianco. Sono afflato e uragano, pietre e ali di farfalla, anima e carne come quelle della Lettera a un bambino mai nato “[…] Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla.
Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi. È stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. Mi si è fermato il cuore.
E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. […]”

E così, con il suo racconto in prima persona ci offre le ferite della sua e della nostra Storia per porsi il problema del che fare per cambiare la realtà nel nome della Giustizia e della Libertà.
Giustizia e Libertà. Parole, ancora parole, che risuonano alte come gli arpeggi della Marcia alla Turca di Mozart e gli applausi scroscianti del pubblico.

Giovanna Villella

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