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Michelle Simmons e il Quantum Computing ovvero perché la scuola è ancora lineare

4 min di lettura

Stasera ho partecipato ad una riunione scolastica.

Subito dopo, come terapia analgesica, ho preso a leggere smodatamente la mia rassegna stampa quotidiana, nel tentativo di alienarmi.

Mi sentivo come se avessi deciso di andare da Milano a Melbourne in tram, e per sfiga, fosse per giunta passato, uno di quegli odiosi nuovi futuristici jumbo-tram verdi che servono ogni tanto la linea 24..uno shake shake a suon di oscillazioni ondulatorie su sedute frontali che ti obbligano a guardare anche la faccia nauseata di chi ti sta davanti. E zitto.
Fortunatamente, a prendermi per mano ci pensa Michelle Simmons, premiata donna dell’anno in Australia e che sta lavorando al super-computer, un computer quantico. Una roba super potente, non misurabile con le unità di misura note ai più, tipo i bit — si sono inventati i qubit! — e soprattutto dall’impatto non del tutto stimabile, nel senso di non predittivo.

Insomma una mente calcolatrice più vicina al concetto di magia che di realtà, per dirla con le parole di mia figlia.

Michelle Simmons, dice che il computer quantico non è vicino ma è concreto e quando arriverà capolgerà le regole.
Forse per via dell’ancor vivido incontro scolastico, la prima parola che mi viene in mente è soqquadro. L’unica con 2Q. Poco usata ma con una potenza immaginativa importante: il soqquadro è un sotto sopra radicale. Il soqquadro è in questo momento, immaginarsi microchip che usano i fotoni magari ed elaborano miliardate di dati in poco tempo. Per esempio, attualmente ci sono problemi irrisolti nel campo medico-scientifico, industriale, matematico etc che per essere risolti con i computer tradizionali lineari richiederebbero milioni di anni di calcolo assennato; con un computer quantico, gli stessi problemi possono essere risolti in poche ore o in pochi giorni. Questo almeno a livello teorico. Potenziale.

La Simmons si è presa l’impegno di lavorare su questo potenziale. Un impegno da 83 milioni di dollari raccolti per costruire il primo prototipo di silicon quantum computing da 10qubit entro il 2022 nel suo Centre of Excellence for Quantum Computation and Communication Technology (CQC2T) di Sydney. Lo fa con un team di menti eccellenti come Andrew Dzurak, Sven Rogge e Andrea Morello.
Mhm mhmm. Ma anche stica.

O meglio, quella sofisticata e vertiginosa sensazione che la realtà trascenderà ogni possibile fantasia.

Ho in mente una emoticon, che poi altro non è che la faccina di una bimba che a 6 anni ha visto per la prima volta Guerre Stellari.
Ho creduto nei mondi paralleli ciecamente, come si fa al cinema o con la fede.
Discorrendo idealmente con il maestro Franco Battiato sulle note vertiginose di universi paralleli.
E adesso il gruppo di lavoro della Simmons, orde di venture capital, governi e media company, tutti si adoperano all’apertura di un varco, una finestra dalla quale affacciarci sui mondi paralleli.
Veniamo ai fatti.
La scorsa settimana a Sydney, dalla Simmons, sono accorsi da tutto il mondo 200 ricercatori sull’argomento quantum computing per partecipare al dodicesimo Silicon Quantum Electronics Workshop, dove hanno approfondito ricerche e progressi tecnologici nella costruzione del primo computer quantistico al mondo – in silicio.
Sydney si è attestata hotspot mondiale del Quantum Computing ma Google, Microsoft, Alibaba, Tencent, Baidu stanno investendo una marea di milioni di dollari in questa corsa.

Il workshop è stato aperto ufficialmente dallo Chief Scientist & Engineer del NSW, Hugh Durrant-Whyte del NSW che ha detto “il progresso della ricerca in questo campo scientifico ha una portata rivoluzionaria“.

In questo momento, tutti gli investimenti sul calcolo quantistico sono distribuiti in 5 principali approcci e a Sydney, i ricercatori internazionali — provenienti da paesi come Giappone, Stati Uniti e Paesi Bassi, ne hanno parlato come si parla della spesa e dei compiti per il week end. Routine sconosciute a chi si occupa quotidianamente di lavoro, futuro e formazione.

Quello che ho capito, in parole semplici, è che i microchip che attualmente sono nel mio iphone usano gli elettroni per elaborare le informazioni, nella quantum computing, i fotoni sostituiscono gli elettroni.
E ancora che gli interruttori computazionali classici sono in semplici forme binarie di zero o di uno. Gli switch quantici esistono in uno stato di “sovrapposizione” che combina zero e uno.

In pratica è come sostituire il tram di cui sopra, con un razzo. No si tratta di velocità ma di sovvertimento dell’esperienza.

Sono entusiasta di tutto ciò.
C’è un pezzo di umanità reale che è legittimata e anzi finanziata (gli investimenti nel calcolo quantico ammontano a 275 milioni di dollari nel 2017!) per sovvertire le regole e per rendere realistica la categoria che fino ad oggi abbiamo chiamato “fantasia”.
I bambini, da questa parte dell’emisfero, nei banchi di formica verde vintage, NO.
Non dobbiamo neanche farli avvicinare a questa agenda del futuro, altrimenti qualcuno di loro, magari uno tra quelli più fantasiosi, potrebbe porsi il dubbio sull’efficacia dei calcoli a mente nelle divisioni a tre cifre.

Eppure sarebbero i più legittimati a occuparsi di futuro. I bambini. E invece devono imparare il vecchio e il nuovo metodo per fare le divisioni.
Sui libri, sulle lavagne, sui quaderni.
Lineare.

E’ bello che ci siano le menti matematiche come quelle della Simmons che, trascendono il calcolo e si proiettano in una fantasia esponenziale del futuro. E’ brutto che gli abitanti del futuro invece, tentiamo di forgiarli con il codice binario.
A fatica stranamente, ma vabbè, il programma è programma e il metodo non si deve discutere.

Grazia De Sensi

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