Monsignor Valensise, il vescovo lametino avversario della modernità
4 min di letturaFu vescovo per cinque anni, ove tentò di fare alcune riforme combattendo duramente le idee socialiste e liberali di fine XIX secolo.
Domenico Maria Valensise nacque a Polistena (RC) il 13 dicembre 1832, da nobile famiglia. Entrato giovanissimo in seminario, si laureò presso l’Almo Collegio dei Teologi a Napoli e fu ordinato presbitero il 24 marzo 1860 dal vescovo di Oppido Mamertina (RC) Giuseppe Teta (1859-1875). Iniziò la carriera ecclesiastica ricevendo la dignità di Canonico e di giudice sinodale nella diocesi di Mileto – Tropea. In questo periodo si fece conoscere anche come apprezzato teologo e latinista, scrivendo sopratutto di filosofia tomistica e storiografia (Monografia di Polistena, 1863). Nel 1888 papa Leone XIII lo nominò vescovo titolare di Ascalone (Israele) e vescovo coadiutore della diocesi di Nicastro (ora Lamezia Terme), con diritto di subentro. Nel 1888 Mons. Giuseppe Candido, vescovo coadiutore di Monsignor Giacinto Maria Barbieri, vescovo di Nicastro dal 1858 e ritiratosi dal 1881 per problemi di salute nella natia Squillace (CZ), fu promosso vescovo di Ischia, e Valensise prese il suo posto il 10 luglio di quell’anno. Morto Barbieri (1891), Valensise divenne il nuovo vescovo di Nicastro il 7 marzo.
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L’Episcopato a Nicastro
Valensise resse la diocesi di Nicastro fino al 1902. In cinque anni di governo si occupò di molte questioni che affliggevano la sua diocesi. Trovò il seminario vescovile con pochi seminaristi e con debiti per 14 mila lire. Chiese al Vaticano la sua chiusura per tre anni. Risanati i debiti lo fece riaprire avendo 30 alunni. Con l’aumento dei seminaristi fece ingrandire l’edificio e per dare loro una solida formazione teologica chiamo dalla Sicilia un giovane sacerdote affinché insegnasse Teologia morale e Dogmatica, il futuro vescovo di Nicastro Eugenio Giambro (21 novembre 1900). Desiderava vivere nel Seminario per seguire i futuri sacerdoti, ma si opposero sia il Capitolo che il Rettore, contrari alla sua metodologia educativa rigida. Trovata la Cattedrale in stato di trascuratezza fece rivestire di marmi esterni la facciata e commissionò i busti dei due vescovi di Nicastro poi divenuti papi, cioè Marcello II e Innocenzo IX. Dopo circa 40 anni, riprese a scrivere Lettere Pastorali nel periodo di Quaresima e compì una visita generale nella sua diocesi nel 1890, di cui si conserva una relazione molto preziosa. In veste di storico contribuì nel fare chiarezza sulla presenza delle reliquie di San Giovanni Battista, Santa Eufemia e Santo Stefano presso la chiesa sita nel villaggio di Santa Eufemia Vetere attraverso una miscellanea di memorie e documenti pubblicata nel 1900.
La condanna alle idee socialiste, liberali e massoniche
Valensise già da seminarista aveva espresso nelle prime opere il suo pensiero teologico e politico. Il primo che riprendeva l’ ideale intransigente del Sillabo di papa Pio IX (scrisse Omaggio a Pio IX, Napoli, 1871), che propugnava la condanna alle idee moderne e alla fine del potere temporale del papato, che a Nicastro fu avversato da preti liberali e patriottici come Carlo Maria Tallarigo, mentre il secondo ricalcava le idee espresse nella Rerum Novarum e nella Immortale Dei di papa Leone XIII, dove forte era la condanna del liberalismo, del socialismo e della massoneria. Valensise pertanto intraprese una dura battaglia attraverso le lettere pastorali contro queste ideologie da lui definite veleno che confondevano le persone semplici, teso alla distruzione della religione cattolica attraverso la diffusione degli ideali di democrazia, libera coscienza e libertà religiosa, in favore di una società senza più valori fondamentali e proiettata all’ateismo (lettere pastorali del 1893, 1899, 1900, 1901). Prese perciò di mira tutti quei giornali che portavano avanti queste idee come il socialista L’Araldo di Camillo Loriedo, il massonico Sinai e il liberale Il Risorgimento, fondato nel 1888 dal sacerdote patriota e liberale Pietro Ardito, ai cui redattori arrivò a commutare la scomunica (24 ottobre 1899). La decadenza della diocesi però Valensise la ravvide anche nel clero diocesano, a cui dette colpa della poca formazione catechetica e quindi della poca frequenza dei sacramenti da parte dei fedeli, e in generale contestò loro la poca preparazione teologica, la trascuratezza del ministero e del decoro del loro ufficio, tutti intenti, secondo Valensise, più che ad occuparsi di anime dei bisogni materiali personali e delle loro famiglie (relazione del 1898). Per cercare di cambiare questa situazione promosse nel 1895 la fondazione di una sezione de L’Opera dei Congressi (associazionismo cattolico sorto nel 1871) a Nicastro e in altri centri della diocesi, con scarsi risultati in termini di adesioni.
Gli ultimi anni e la morte
Turbato da queste problematiche e afflitto da una malattia agli occhi, decise di rinunciare al governo della diocesi di Nicastro nel giugno 1902. Si ritirò a Polistena, dove continuò i suoi studi. Leone XIII decise di premiare il suo zelo pastorale e la sua sapienza elevandolo ad Arcivescovo ad personam titolare della diocesi di Ossirinco (Egitto), mentre per i 25 anni di consacrazione episcopale (1913) papa Pio X lo gratificò con i titoli di Conte Romano e Assistente al Soglio (oggi aboliti). Mori a Polistena il 17 gennaio 1916.
M. S.