Monte Mancuso luogo di pace, storia e natura
3 min di letturaSiamo giunti al secondo appuntamento della nostra rubrica “Borgonauti”
Oggi ci troviamo sul Monte Mancuso. Qui confinano i comuni di Martirano Lombardo, Lamezia Terme, Gizzeria, Falerna, Nocera e San Mango, i quali condividono tra loro uno scenario paesaggistico unico e appartenente soltanto alla PreSila Catanzarese.
Una serie di testimonianze storiche e archeologiche rendono il tutto ancora più straordinario.
La posizione strategica del Monte Mancuso è importantissima, perchè dislocata nel cuore della Calabria, tanto da essere sede di una Base Militare della NATO, in uso nel corso della Guerra Fredda.
Il rilievo montuoso si eleva per ca 1300 m s.l.m., offrendo una panoramica a 180° sul golfo lametino. Nelle giornate più terse è possibile osservare lo Stromboli e le isole del Mar Tirreno, ma in determinati frangenti e in rare occasioni, è possibile ammirare piccoli scorci o “triangoli blu” (come piace chiamarli a noi) del Mar Tirreno, i cui colori si fondono con quelli del cielo in pieno giorno.
Ci addentriamo nei boschi e scorgiamo il mare tra gli alberi di Pino Nero per poi, piano piano, sparire lasciando il posto alla folta macchia boschiva in una continua battaglia tra luci e ombre.
La macchia mediterranea ricopre, ancora oggi, il Mancuso, nonostante gli innumerevoli incendi abbiano sterminato una buona parte dei suoi rigogliosi pendii. Nelle aree meno accessibili è possibile, tuttavia, incontrare la “lobaria pulmonaria”, un lichene che cresce sui faggi e sui cerri. La lobaria è un essenziale bioindicatore; infatti, la sua presenza testimonia l’elevata qualità naturalistica del luogo.
Ai piedi del Mancuso si sono sviluppate piccole località urbane, tra cui il borgo di Acquafredda, ricadente del comune di Lamezia.
Acquafredda è una delle frazioni montane più popolate del Lametino e ha vissuto, in passato, grazie allo sfruttamento delle risorse locali del territorio (alberi di castagne e noci, querce); curiosa è la vendita delle radici di erica per la realizzazione di pipe. In numerosi censimenti riguardanti alcune proprietà monastiche, sono riportate centinaia di piante da frutto risalenti al 1650 ca.
Dal Monte del Greco, che è uno dei dieci rilievi più importanti del Mancuso, fino al torrente grifo, si conserva un habitat quasi intatto. Gli enormi faggi secolari, i lecci e i pini e la morfologia del terreno creano un corridoio naturale che collega l’area interna con l’area dell’Istmo, da Tiriolo e per la Sila.
Questa arteria corrisponde, in parte, alla Via Annia che da Nord, si immette nella piana, attraverso la Cona di S. Mazzeo.
Attualmente, come nell’antichità, era l’unica via praticabile a ovest del Monte Reventino, mentre l’area di località Polveracchio, sede di un tesoretto monetale del V secolo a.C., rappresentava il crocevia per l’entrata e l’uscita nella e dalla piana. Il tratto viario, costeggiando il torrente Bagni, attraversava la distesa lametina fino a giungere, concludendo parte del suo percorso, nella statio di Aque Ange.
Nel nostro girovagare, rimaniamo sbalorditi dalla maestosità della foresta del Mancuso, che oggi appare come un bosco incantato.
L’impenetrabilità di alcune zone interne prende valore grazie alla sua inviolabilità naturale; la paura di perdere l’orientamento diventa, al contempo, una rassicurazione per l’anima solo per il fatto che esistano ancora dei siti così lontani dall’antropizzazione da farli sembrare quasi sospesi nel tempo.
Davide Mastroianni e Luigi Serafino Gallo