Moro e Berlinguer, i due statisti che volevano cambiare l’Italia col compromesso storico
4 min di letturaLAMEZIA. In un noto albergo cittadino, si è tenuto un incontro sul tema “Moro, Berlinguer e il compromesso storico”, ideato dall’On. Costantino Fittante, coordinatore dell’associazione degli ex parlamentari calabresi “P. Poerio” e avente per ospiti l’on. Paolo Ciofi e l’on. Mario Tassone.
L’associazione degli ex parlamentari calabresi
Fittante, nell’introdurre i lavori, ha voluto sottolineare la natura dell’associazione di cui è coordinatore che, oltre a svolgere attività sindacale ha lo scopo principale di promuovere iniziative e tavole rotonde di carattere culturale affinché i valori della Costituzione italiana, la loro conoscenza e tutela anche fra le nuove generazioni, non vengano mai meno. La scelta di parlare di Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, fautori di un serio tentativo di dialogo a metà anni ‘70 fra il partito di governo, la Dc, e l’eterno partito d’opposizione, il Pci, è una scelta dettata dalle troppe analogie di allora con il tempo presente, entrambe caratterizzate da potenziali pericoli di tenuta democratica e dei valori costituzionali.
L’intervento di Paolo Ciofi
Ciofi è partito col ricordare dove egli si trovasse il giorno in cui si seppe della morte di Moro (9 maggio 1978), ucciso dalle Brigate Rosse dopo 55 di prigionia: era nella sua auto in direzione della sede del Pci di Roma dove egli era segretario. Ha ricordato i funerali di Berlinguer (11 giugno 1984) e lui che si ritrovò fra i membri del comitato che dovettero organizzare in poco tempo il funerale laico del grande leader scomparso improvvisamente. Esequie che si rivelarono tra le ultime grandi manifestazioni di massa della storia repubblicana. Di Moro, Ciofi ha sottolineato il grande coraggio politico che ebbe in seno al suo partito, la Democrazia cristiana, di aprire un serio confronto con l’eterno rivale politico, il partito comunista, affinché anche in Italia si potessero delineare delle linee programmatiche riformiste concordi fra i due movimenti politici atte a modernizzare finalmente il Paese e a creare le condizioni di una vera alternanza politica. Di Berlinguer invece ha sottolineato il coraggio che mise nel mettere in discussione il dogma della linea politica sovietica, inaugurando la stagione dell’Eurocomunismo (1975), anticamera di quei possibili governi di “Solidarietà Nazionale” (1976-77) purtroppo sfumati col rapimento di Moro. Berlinguer aveva in progetto quindi di mutare profondamente la concezione comunista in Italia, aprendo alla prospettiva di una socializzazione della società italiana attraverso un serio e programmato piano di riforme sociali e di attenta e completa applicazione dei principi della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista.
L’intervento di Mario Tassone
Tassone, da anni parlamentare e sottosegretario di svariati governi democristiani, ha iniziato la sua riflessione partendo dall’immediato Dopoguerra italiano, con i governi della Resistenza (1943-1947) formati da tutti i partiti antifascisti e fino alla estromissione del Pci per cause esterne alla vicende nazionali. E quindi la lunga strada solitaria del partito comunista all’opposizione mentre si cominciava a mettere in crisi la sua ideologia filosovietica con i fatti del 1956 (invasione dell’Ungheria) e del 1968 (primavera di Praga), mentre la Dc cercava col partito socialista da poco scisso (Psdi) di creare i primi governi di centro- sinistra per varare una serie di riforme non più rinviabili. Tassone ha sottolineato la grandezza di Moro e Berlinguer perché essi sono stati protagonisti con la leadership dei loro partiti della necessità, non più rinviabile, di mettere in discussione la lineapolitica/ideologica fino a quel momento seguita. Ciò, al fine di aprirsi concretamente verso lo storico avversario, affinché si potessero trovare soluzioni e progetti comuni per dare risposte concrete ai rispettivi elettorati che, con parole diverse, chiedevano entrambi soltanto lavoro, diritti, libertà, partecipazione piena alla vita democratica del nostro Paese. Entrambi gli ex parlamentari, nel terminare i loro interventi, hanno fatto un riferimento alle vicende politiche odierne, non senza un pizzico di rammarico e di rimpianto per come era concepita la partecipazione e la militanza politica nella cosiddetta “Prima Repubblica”. Entrambi hanno espresso preoccupazione per i recenti tentativi di cambiare la Costituzione repubblicana, fondata sul diritto al lavoro e non sul bisogno dei cittadini, che seppur ormai un po’ datata, è ancora in grado di garantire libertà e partecipazione democratica piena al popolo italiano. E’ seguito un vivace dibattito fra i relatori e il pubblico presente.
Matteo Scalise