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Natale librario…

5 min di lettura

“Il più grande dono è una passione per la lettura. E’ economica, consola, distrae, entusiasma, fornisce la conoscenza del mondo e un’esperienza di vasto genere. E’ una luce morale”. (Elizabeth Hardwick)

Ebbene, la prima lettura del mondo altro non è che un dialogo nuziale con le parole: una parabola per parte adamica che inizia con un Fiat. E non è casa Agnelli, sia chiaro a tutti, perché  l’ auto-mania  è solo un bene accessorio rispetto all’auto-nomia di pensiero.
Tuttavia, troppo spesso ce lo dimentichiamo, e temendo di essere diminuiti, sprofondiamo dalle profondità, vivendo più di mercato che di Agorà: eh sì, l’idolatria dei mezzi è il vero precedente cui segue, come conseguente, la perdita della Trebisonda.
Oggi, più che mai, si sente il bisogno di riacciuffare la vita in mano: ed il mo(n)do migliore possibile porta ancora il nome di un libro. Versione tascabile, traduzione di verità. Il resto è  sporco tradimento: lo sapevano per filo e per segno i nostri Padri nel tiro a segno di un buon discernimento.
E ne siamo eredi o orfani dalla tv alle biblioteche, dipende dalle situazioni: Libero arbitrio in cui a fare da arbitro è la libera mente, liberamente. Da una parte il concorrente di un telequiz desidera esibire fior di milioni sul proprio conto corrente, mentre dall’altra il lettore de Il Milione, oggi quanto ieri, rincorre la carta che conta di più, perché di tutto e per tutti  maggiormente racconta.
WC, e spero possa significare in avvenire Evviva la cultura, che se ne sta andando a colpi di sciacquone! Personalmente ne rivendico il pregio ad onta del suo disuso, e lo faccio nell’accezione superba dell’etimologia, compagna di tutti i tempi: un fregio che con stile commisera il dileggio.

Libriamoci di libri, tesaurizzandoli nel loro significato primigenio:

  • dal lat. liberi (it. figli): il sapere come ascendente per i futuri discendenti della storia che sarà, in una famiglia di idee  che rende costruttivo il libero fluire della vita.
  • dal lat. libero (it. liberare):  la formazione come liberazione ed affrancamento, perché la conoscenza, se i Lumi della ragione sono in sinapsi, come congiuntura, rende liberi. Se è vero, come è vero, che si legge da soli anche quando si è in due (Calvino), tuttavia, nessuna cosa come la lettura è  forte solitudine comunionale,  come apertura alla vita.
  • dal lat. libro (it. librare):  il bagaglio di cultura come volano che fa volare alto.
  • da Libero, nickname di Dioniso o Bacco, dio dell’ebbrezza. Lo scibile come piacere attraverso cui filtra la virtù.
  • da Libera, epiteto di Persefone o Proserpina, divinità contemporaneamente ctonia e terrestre nella mitologia greco-romana: metafora di risurrezione attraverso cui si implicita il Risorgimento della convivenza umana nel nome della buona consapevolezza.

La parola come atomo linguistico invita, pertanto, alla coltivazione dello spirito: è l’unico mezzo, se speso bene, senza essere sprecato, che è capace di fare Voltare pagina. E Volta(i)re ne è ancora lungimirante in quella idea di tolleranza che è solo figlia di un buon Lógos.
Possa la Politica, oggi, sedersi al trono delle idee! Questa è la vera rivoluzione! E non è astronomico, nel disarmo nucleare, riflettere sulle possibilità di una convivenza umana, che può e deve essere messa in campo in ogni moment, disparato o disperato che sia.
L’Eden è nelle nostre mani, se lo vogli-Amo, a mano a mano, come nella notoria canzone del Rock all’italiana. Buon Natale a tutti tra le scansie di una corposa e copiosa libreria!

Preghiera a Dio

Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi:
se è lecito che delle deboli creature, perse nell’immensità e impercettibili al resto dell’universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato,
a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura.
Fa’ sì che questi errori non generino la nostra sventura.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda;
fa’ che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa’ sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi,
tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole,
tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate,
tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te,
insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati “uomini” non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.
Fa’ in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole;
che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera;
che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.
Fa’ che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo,
e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano “grandezza” e “ricchezza”,
e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c’è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!
Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime,
come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell’attività pacifica!
Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni con gli altri nei periodi di pace,
ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in mille lingue diverse,
dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.

(Voltaire)

Prof. Francesco Polopoli

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