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‘Ndrangheta: pm, “avevano armi guerra, pronti altri delitti”

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'Ndrangheta: pm, "avevano armi guerra, pronti altri delitti"

Garulli, per intimidazione cosca madre in territorio lontano


ANCONA. “Due dei fermati erano pronti a commettere altri episodi delittuosi con la disponibilità di armi da guerra inquietanti. Stavano pianificando un altro delitto di un altro testimone di giustizia che aveva reso testimonianze”.

Lo ha rivelato, la procuratrice distrettuale antimafia delle Marche, Monica Garulli, durante una conferenza stampa dopo i fermi per l’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Biagio Girolamo Bruzzese, commesso il giorno di Natale del 2018. L’urgenza a intervenire con i fermi è stata necessaria, ha spiegato, “per acquisire elementi investigativi arrivati anche dall’estero che evocavano uno scenario grave”.

I fermati sono Michelangelo Tripodi, 43 anni e Francesco Candiloro, 42 anni, accusati di essere gli autori materiali dell’omicidio di Bruzzese, ucciso con venti colpi di pistola; Rocco Versace, 54 anni, invece, sarebbe loro complice. Dalle indagini, ha riferito Garulli, “è emersa una lunga pianificazione del delitto. Le stesse persone sono state immortalate sempre da filmati a bordo di due auto le cui targhe però erano state clonate. I sopralluoghi nei luoghi di residenza della vittima e dei suoi parenti erano iniziati a novembre, tutti per colpire il collaboratore”.

I filmati delle telecamere di videosorveglianza di Pesaro avevano immortalato i due volti maschili, anche se con volto travisato, in centro in prossimità della casa della vittima. Erano a piedi e anche in auto, il giorno dell’omicidio e in quelli precedenti.

Era una “giovane cosca” quella alla quale i soggetti fermati avevano dato vita, con i vertici ‘Crea’ in carcere, secondo la procuratrice, in base alle indagini condotte; i fermati sono stati trasferiti in carcere tra Vibo Valentia, Reggio Calabria e Brescia.

Per il delitto “la causale va identificata – ha spiegato Garulli – nella volontà di riaffermare la capacità intimidatoria della cosca madre, in territorio lontano e a distanza di tempo visto che il dibattimento per il processo ai Crea si è concluso nel 2018; e anche a scoraggiare altre collaborazioni ‘di famiglia’”. (ANSA).

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