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‘Ndrangheta, sequestrati beni per 6 milioni a boss di Platì

2 min di lettura
dia Direzione investigativa antimafia

Provvedimento nei confronti di Rosario Barbaro detto “Rosi”

Beni per sei milioni di euro sono stati sequestrati al boss Rosario Barbaro, di 84 anni, ritenuto il capostipite dell’omonima cosca di Platì.

Al termine delle indagini patrimoniali eseguite dalla Direzione investigativa antimafia, il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su proposta del procuratore Giuseppe Lombardo e del direttore della Dia.

Titolare di fatto di numerosi fabbricati, terreni ed importanti attività commerciali, secondo gli inquirenti, Barbaro, detto “Rosi da Massara”, riveste un ruolo apicale all’interno di una famiglia di ‘ndrangheta di Platì la cui attività si estende su tutto il territorio nazionale, nonché all’estero.

Già destinatario nel lontano 1965 di un decreto di appartenenza ad associazione mafiosa a firma dell’allora questore di Reggio Calabria, nel corso dell’ultimo cinquantennio Barbaro ha rivestito un ruolo via via crescente nell’ambito della consorteria criminale, sino ad essere stato indicato univocamente quale vertice della stessa.

La sua figura criminale è stata oggetto di svariate operazioni di polizia giudiziaria che hanno interessato il versante ionico della provincia reggina. In particolare, Rosario Barbaro è stato coinvolto nelle operazioni “Reale”, “Marine”, “Mandamento Ionico” e “Saggezza” e condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Le indagini condotte dagli investigatori del Centro operativo Dia di Reggio Calabria guidati dal colonnello Mario Intelisano hanno consentito di ricostruire le acquisizioni patrimoniali del boss sin dall’anno 1961, e di individuare il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità di Barbaro, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla sua capacità reddituale.

Da qui il sequestro disposto dal Tribunale che ha riguardato cinque società comprensive dell’intero patrimonio aziendale, di cui tre ditte individuali operanti nel settore agricolo, un circolo privato e un’attività di ristorazione.

Si tratta di un locale dove, stando agli inquirenti e alla cronaca giornalistica, sono stati celebrati matrimoni di significativo interesse criminale tra appartenenti ad importanti e storiche famiglie di ‘ndrangheta. Matrimoni dove sarebbero state conferite anche nomine alle più alte cariche dell’organizzazione criminale in senso unitario.

Oltre alle disponibilità finanziarie, sono stati sequestrati 14 immobili e 40 appezzamenti di terreno nella provincia di Reggio Calabria.

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