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Nicastro: quando è il caso di dire che è ‘una cannonata’

2 min di lettura
Bombarda nicastrese (XV sec.)

Bombarda nicastrese (XV sec.)

Mi riferisco all’eccezionalità di Neocastrum, la cui storia è superlativa nel dedalo di tante delle sue vie.

Mi si permetta di dire di essa ciò che penso anche di tutta la realtà lametina, oggi, sempre più pigra per tanta disattenzione politica, o amministrazione commissariale, da vivere immeritatamente una situazione limbica.

Per smuoverla, mi verrebbe d’aggiungere: “Ci vorrebbero proprio delle cannonate”. Così potrebbe tuonare un Accademico della Crusca, innocuamente e senza bombe a mano, nella voce di una sola parola, che è quella del Dizionario!

Bombarda nicastrese (XV sec.)
Bombarda nicastrese (XV sec.) – Museo Archeologico Lametino

La bombarda nicastrese, entrando nell’argomento, era un pezzo d’artiglieria a retrocarica in ferro: “tromba” era detta la parte anteriore, “cannone, o coda o mascolo” quella posteriore.

Praticamente, ad occhio nudo, una bocca di fuoco capace di mitragliare palle di pietre, per farla breve! O come avrebbe detto uno storico:

Bombarde che saettano pallotte di ferro con fuoco
(G. Villani)

[La prima volta che s’incontra questo mezzo bellico in documenti italiani è in una cronaca di Brescia dell’anno 1311 di Bartolomeo da Ferrara (Muratori, Rer. Ital. Script., XXIV, col. 722) e Giovanni Villani usò la parola bombarda a proposito delle armi da fuoco che gli Inglesi misero in campo per la prima volta alla battaglia di Crécy nel 1346].

Bombarda in posizione bellica
Bombarda in posizione bellica

Una piccola curiosità: in un documento del 1444 si legge che Alfonso I comandò di pagare un “petriero” che aveva lavorato “pietre per bombarde” da mandare in Calabria nel castello di S. Eufemia.

Quest’antico mestiere è andato estinguendosi nel tempo: obsoleto rispetto alla barbarie tecnologica, che è andata sostituendosi, sicuramente!

Tuttavia, confinandolo al piano della non violenza, lo immagino ancora impratichire (solo culturalmente, però!) quell’antica materia, che per lunghi anni modellò per il fabbisogno della sua città.

Dalle pietre c’è da imparare, già!
Cosa, direte?
Ciò che i popoli hanno dimenticato nel tempo.
Proprio così!
E l’omerica Terina, la nostra Terina,
nello stato d’abbandono in cui versa,
ne è proprio un esempio!

Prof. Francesco Polopoli

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