Noioso come una mosca
2 min di letturaDa sempre quest’insetto non ha che fare con la buona pace degli uomini: «puer, abige muscas», «ragazzo scaccia le mosche» (Cic. De or. 2, 247, a), per far un esempio, solo nella storia di Roma antica
Le bestiacce nere, fuor di metafora, rappresentano i ficcanaso, peggio delle prime, benché ad esse appaiate. Questo retaggio culturale è sopravvissuto nei detti popolari: persino il vernacolo lametino ha una sua casistica al riguardo.
Quando una persona, abitualmente tranquilla, dà improvvisi segni d’insofferenza o d’irritazione, si dice che «ha pigliàt’ ‘a musca», «l’ha attaccato la mosca», proprio come accade all’asino, che s’imbizzarrisce, se molestato da ditteri o tafani. Per questa ragione la permalosità ha successivamente utilizzato quest’immagine costantemente: «ogni musca cci pàri ‘nu cavàllu», «ogni mosca gli sembra un cavallo».
In senso antonimico di un individuo particolarmente buona, mite, incapace di fare male a chicchessia, suol dirsi invece «‘un ffà mali a ‘nna mùsca», «non fa male ad una mosca», che continua il senecano «non muscam excitare», «non dar noia ad una mosca».
Che questo piccolo disturbatore dell’ecumene si allargasse a tedio per estensione assoluta, lo comprendiamo finanche da un’esclamazione «Musca!», «Mosca!», che accompagnata col dito, messo verticalmente sulle labbra, intima il silenzio assoluto in un ambiente in cui il vocio è quasi equivalente di quel pertinace ronzio.
Cos’altro aggiungere!?
Consapevole che il mondo paremiologico comprenda altre espressioni, mi auguro, a conclusione di questo modestissimo as-saggio dialettale, di aver dedicato uno spazio adeguato e, soprattutto, di non aver «minatu muschi» inutilmente. Un pensiero…
Prof. Francesco Polopoli