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‘Nzundi ‘nzundi… per dire, a Lamezia, di essere «un disco rotto»

2 min di lettura

Certamente sulla falsariga del motivetto «Zunghi zu…» o «zum zum zum» mi va di dire che è una forma canzonatoria con cui si rimprovera il tono ripetitivo di argomenti barbosi noiosamente reiterati

La radice onomatopeica fa pensare, infatti, alla chitarra battente e al suono rude delle sue corde. La retro-comunicazione di chi segnala l’atteggiamento con quest’arcaica espressione lametina è quella di dissolvere la programmazione inconscia e di scrivere un nuovo copione, anche perché nella relazione duale, nel corso di una questione, qualcuno sta visibilmente ed esageratamente stufando.

Alcune persone, ripetendomi, sono appunto come un disco incantato, che vale forse meglio come immagine: ripetono all’infinito la stessa cosa, le stesse parole, le stesse convinzioni, come se una puntina di giradischi si fosse inceppata sul punto difettoso della piastretta circolare di nostra nostalgica memoria.

La speranza è che si passi a motivo diverso, se non altro perché l’ascolto alla lunga diventerebbe una solfa.

«Ma che musica che musica che musica maestro», cantava una grande Icona di Mamma Rai. Ecco, per essere buon compagni, talvolta, un po’ di leggerezza, e magari qualche testo di Gianni Boncompagni in mano, che è meglio, probabilmente!

Ringraziando Giuliana Carolina Montesanti…

Prof. Francesco Polopoli

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