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Oggi un nuovo santo cappuccino calabrese: Sant’Angelo d’Acri

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Angelo d'Acri piazza San Pietro

Il frate cappuccino Angelo d’Acri sarà canonizzato da Papa Francesco in piazza San Pietro

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Angelo d’Acri piazza San Pietro

In festa la Calabria per un nuovo santo della nostra terra. Si tratta del frate cappuccino Angelo d’Acri, al secolo Lucantonio Falcone, che oggi sarà canonizzato da Papa Francesco in piazza San Pietro insieme ad altri beati.

Nato nel 1669 da una famiglia povera di Acri, rimasto orfano in tenera età, nella vita del nuovo santo calabrese ritroviamo tanti tratti della “calabresità” associati a quelli propri del carisma cappuccino, che li vuole frati del popolo in mezzo al popolo, capaci di sporcarsi le mani con le miserie degli uomini ma anche di essere testimoni del sorriso di Dio verso i poveri e gli ultimi.

Andiamo a conoscere alcuni tratti della vita di Angelo d’Acri.

A diciotto anni, Lucantonio chiese ed ottenne di farsi frate cappuccino, ma oppresso da dubbi e incertezze per due volte lasciò il noviziato, depose l’abito religioso e ritornò a casa dove pensava di costruirsi una vita al pari degli altri.  Ma i disegni di Dio su di lui erano diversi.

L’8 novembre 1689 con umiltà e coraggio si ripresentò ai frati del convento di Acri e, implorandone il perdono, chiese di essere riammesso alla vita religiosa, ma anche stavolta ritorna a casa. Il 12 novembre 1690 per la terza volta si presenta dai cappuccini e, cosa che ha davvero del miracoloso, il giovane riuscì a ottenere dal ministro generale dell’Ordine la licenza necessaria per ricominciare nel convento del Belvedere di Acri l’anno di noviziato.

Il 12 novembre 1691 emise i voti solenni ricevendo il nome di fra’ Angelo d’Acri. Dal 1695 al 1700, nei conventi di Rossano, di Corigliano Calabro e di Cassano Jonio, completò gli studi teologici, filosofici e umanistici, che aveva iniziato ad Acri. Il 10 aprile 1700, giorno di Pasqua, fu ordinato sacerdote nel duomo di Cassano Jonio e destinato, dai superiori, al ministero della predicazione. Dal 1702 al 1739, anno della sua morte, percorse instancabilmente tutta la Calabria e buona parte dell’Italia meridionale, predicando quaresimali, missioni popolari ed esercizi spirituali.

In tutti i luoghi dove predicava, la sua presenza richiamava nelle chiese moltitudini innumerevoli di fedeli, e continuo era al suo confessionale il concorso di persone di ogni ceto e di ogni età, che egli non si stancava mai di ascoltare. Divenne il grande missionario dell’Italia meridionale e lo sarà per quasi quarant’anni. Alle sue infocate parole, alla luce dei suoi esempi, i buoni diventavano più buoni ed i cattivi si convertivano: fu una vera resurrezione spirituale.

Non aveva più bisogno dei manoscritti, elaborati secondo l’oratoria pomposa e roboante del tempo, perciò li bruciò. È bene ricordare, tuttavia, che il suo esempio trascinava più delle prediche. Si diceva che, quando predicava, “nelle case non ci restavanu mancu li gatti”.

Nel 1724 iniziò la costruzione di un convento di Cappuccinelle in Acri, che venne inaugurato il 1° giugno 1726. Padre Angelo fu anche più volte maestro dei novizi, guardiano nei conventi di Mormanno, Cetraro e Acri, visitatore e definitore provinciale, ministro provinciale (dal 1717 al 1720) e, infine, nel 1735, provisitatore generale. Morì in Acri il 30 ottobre 1739.

Leone XII il 18 dicembre 1825 lo proclamava beato. Le sue sacre spoglie ora sono raccolte nel monumentale santuario innalzato in Acri tra il 1893 e 1896, ed elevato a Basilica minore da Giovanni Paolo II, sotto la custodia dei padri Cappuccini.

Per la sua canonizzazione è stato riconosciuto un ulteriore miracolo: la guarigione di un giovane acrense, Salvatore Palumbo, rimasto vittima di un incidente nel marzo 2010, mentre guidava un quad. Condotto all’ospedale dell’Annunziata a Cosenza, versò presto in gravissime condizioni, tanto da restare in vita solo con il supporto di macchinari.

I parenti di Salvatore, allora, chiesero ai Cappuccini di Acri una reliquia del Beato Angelo: il cordone del suo saio fu posto accanto ai macchinari che tenevano in vita il giovane, che il giorno dopo ridiede segnali di ripresa e fu solo bisognoso di riabilitazione.

Il processo diocesano sul miracolo si svolse nel 2014 e fu convalidato il 20 marzo 2015. Il 23 marzo 2017, ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Salvatore poteva essere dichiarata inspiegabile, completa, duratura e ottenuta tramite l’intercessione di padre Angelo d’Acri.

Salvatore D’Elia

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