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Lamezia, Operazione Crisalide: 7 nuovi arresti

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I nomi

Nuovo colpo alla cosca ‘ndranghetistica “Cerra–Torcasio–Gualtieri”.
Sono sette i destinatari dell’ordinanza emessa dal Gip di Catanzaro nell’ambito dell’Operazione “Crisalide”, che lo scorso 23 maggio portò al fermo di 52 persone ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, traffico illecito di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato, rapina.

Dei 52 fermati, sei sono stati scarcerati (Emmanule Fiorino, Daniele Grande, Daniele Amato, Concetto Pasquale Franceschi, Guglielmo Mastroianni e Flavio Bevilacqua) e per venti di loro il giudice ha disposto i domiciliari (Mattia Mancuso, Salvatore Luca Torchia, Paolo Strangis, Carlo Alberto Gigliotti, Vincenzo Brizzi, Alessandro Gualtieri, Vincenzo Strangis, Alex Morelli, Antonio Torcasio, Davide Cosentino, Alfonso Calfa, Di Bello Ivan, Pino Isaac Esposito, Esmeraldo Davoli, Antonio Perri, Antonio Muoio, Giuseppe De Fazio, Francesca De Biase, Giuseppe Costanzo, Maurizio Caruso).

L’ordinanza di custodia in carcere è stata notificata a: Luigi Vincenzini, Pietro De Sarro, Cosimo Marco Passalacqua, Antonio Stella, Francesco Gigliotti, Davide Belville e Saverio Torcasio, reclusi per altra causa.

La misura, che trae origine da un’indagi­ne del Nucleo Investigativo di Catanzaro e della Compagnia di Lamezia Terme coordinati dalla Dda del capoluogo, ha portato nelle prime luci dello scorso 23 maggio all’esecuzione di un decreto di fermo emesso dalla Direzione Distrettua­le Antimafia nei confronti di 52 presunti affiliati alla cosca ‘ndranghetista “Cerra–Torcasio–Gualtieri” attiva nella piana di Lamezia e dedita al controllo asfissiante del territorio mediante estorsioni e danneggiamenti ai danni di imprenditori e commercianti e allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Al vertice della cosca vi sarebbe Antonio Miceli, il quale, secondo l’accusa, avrebbe avuto il compito di organizzare le “nuove leve” e introdurle alle varie attività illecite.
Non solo spaccio ed estorsioni, le attività investigative hanno infatti portato anche al sequestro di un vero e proprio arsenale, costituito da materiale esplosivo e ingenti quantitativi di armi, quali kalashnikov e bazooka. L’obiettivo del clan era “far tremare tutta Nicastro”, e Miceli e i suoi nel corso dei mesi si erano resi responsabili di diversi atti intimidatori utilizzando bombe di piccolo e medio potenziale, incendiando auto e vetrine, minacciando i commercianti.

Secondo la Dda, la cosca avrebbe avuto un ruolo anche nelle Amministrative 2015 nel sostegno di due candidati. Si tratta di Pasqualino Ruberto, ex consigliere comunale, e Giuseppe Paladino, ex vicepresidente del consiglio comunale. Tra gli indagati anche il padre di quest’ultimo, Giovanni.

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