L’ordine delle cose e le collezioni di momenti. Sotto la lente
2 min di letturaScatoloni, scatolini, buste, cestini e cassetti: è con loro che iniziamo spesso le nostre domeniche di riordino, è con loro che classifichiamo i nostri ricordi, è con loro che gestiamo l’emergenza come la quotidianità
Cose su cose, con cose, in cose. Perché?
Ho sempre cercato di comprendere dai libri, da fan seriale di Marie Kondo, così come da mia madre e dalla mia vicina di casa, pietre miliari nell’organizzazione e vestali dell’ordine domestico, quale fosse la formula magica per selezionare, scegliere, catalogare e buttare.
Ed e’ stato così, riflettendoci a lungo, che mi sono accorta di essere soggetta piuttosto al fascino e alla magia delle cose. Gli scontrini dei momenti da ricordare, i tappi di sughero delle feste importanti, i biglietti di teatri, cinema e mostre, i fiorellini secchi tra le pagine delle mille agendine del passato, la sciarpa consunta compagna di ogni avventura.
Chi di noi, spesso, non trova pezzi di vita nelle tasche dei vecchi cappotti?
Una naturale propensione a trattenere gli oggetti che trasmettano un ricordo, una sicurezza, una emozione vissuta.
Non tanto per il timore di averne bisogno ancora, non tanto per un’utilità materiale, quanto per un attaccamento emotivo.
Consapevoli di non voler andare oltre, per non scivolare nei meandri patologici della sindrome di Diogene, passando dalla disposofobia alla sillogomania, possiamo trovare la soluzione creativa.
E rimanendo in bilico tra il magico potere del riordino e il patologico accumulo compulsivo, prendiamo spunto e ispirazione dal genio di Andy Warhol che, per dominare questo suo bisogno e amore per gli oggetti, creò le sue “capsule del tempo” per contenere tutto ciò di cui il suo essere non aveva e non avrebbe potuto fare a meno per star bene.
Da un disagio, un’opportunità.
Ma per i più perseveranti collezionisti, un solo suggerimento, tratto da Karen Salmansohn: collezioniamo momenti, non cose.
Mara Larussa