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Panedigrano: Lamezia avrebbe potuto evitare questa terza ignominia per i suoi 50 anni

4 min di lettura
Nicolino Panedigrano

Nicolino Panedigrano

Le riflessioni di Nicolino Panedigrano su richiesta scioglimento Comune

Nicolino Panedigrano
Nicolino Panedigrano

Comunicato stampa:

Se in questi ultimi venti anni ha avuto tempo per seguire la politica locale, Paolo Mascaro saprà che con Speranza e Lo Moro non sono mai stato tenero.

Lui, però, non può scatenare la vandea sui temi dell’antipolitica e dell’anticomunismo per eludere il problema vero che hanno posto le ultime indagini del procuratore antimafia di Reggio Calabria, Gratteri (della cui amicizia lui e la sua famiglia si onorano) e del procuratore antimafia di Catanzaro, Lombardi.

Innanzitutto immagino che confermerà che il Fazio di Pianopoli, candidato nelle sue liste e fatto arrestare da Gratteri quale sospetto grosso trafficante internazionale di droga, non sia mai stato suo assistito in affari penali.

Ciononostante resta comunque strano che a lui, che nel suo depliant pubblicitario ha posto lo slogan “Legalità a 360°” come primo dei dodici punti del suo programma, non sia ancora venuto in mente di chiedersi quali fini e quali interessi veri abbiano spinto un presunto grosso trafficante internazionale di droga a candidarsi al Consiglio Comunale, e nemmeno a quello della sua cittadina, ma a quello di Lamezia.

Visto che lui stesso esclude che si tratti di filantropia, tant’è vero che lo ha fittiziamente escluso dalla lista (ma nei fatti è ancora candidato e in teoria potrebbe essere anche eletto), se, come va urlando, gli sta veramente a cuore il destino di legalità e trasparenza della nostra città, gli chieda quali siano questi fini e questi interessi e ce li faccia sapere, prima che magari sia troppo tardi.

Ma non c’è solo Fazio. C’è la chiamata di correo del boss della cosca Giampà per un altro dei suoi candidati. C’è un suo ex socio e dirigente della Vigor Lamezia arrestato perché accusato di essere in affari con la cosca Iannazzo.

Ci sono infine cugini, figli e parenti vari di altri arrestati per mafia o di citati in qualcuno dei due decreti di scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose. Non basta tutto questo per allarmare per primo lui, Paolo Mascaro, sugli appetiti che, a sentir lui, suo malgrado si sono catapultati sulla sua candidatura a Sindaco?

O pensa che basti fare il Masaniello, scatenare il rancore (non del tutto ingiustificato) contro la classe politica che ha amministrato la città in questi ultimi e difficili venti anni, sobillare gli animi contro alcuni (ma, guarda caso, non contro altri parlamentari) per nascondere al Prefetto e poi al Ministro degli Interni, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Presidente della Repubblica questi problemi?

A Paolo Mascaro per salire in cattedra (di legalità) e bacchettare questo e quello non può bastare il suo certificato penale ed il suo albero genealogico, che ben conosciamo, ma a cui questa sua candidatura a destra e con alcune delle destre estreme fa un grave torto.

Deve per esempio spiegarci perché tra i suoi pasdaran di sabato sera stava in bella mostra (e saltellava per non essere chiamato comunista) un noto smidollato, che Galati, sponsor della sua candidatura a Sindaco, ha nominato alto dirigente della Fondazione Calabresi nel Mondo a 9.000 euro al mese di stipendio.

E deve anche spiegarci perché non si è mai scandalizzato e non ha mai denunciato con pubbliche chiassate che lo stesso Galati oltre ai 30.000 euro di stipendio da parlamentare si è auto assegnato in quella stessa Fondazione un altro stipendiuccio di 15.000 euro al mese per i suoi stravizi.

Quando all’inizio dell’anno la dirigenza della Vigor Lamezia rese gli onori nello stadio ad un ultrà morto per mano mafiosa, mi permisi di lanciare l’allarme sulla penetrazione mafiosa nella società e di indicare che era ormai tempo di colpire la cosca Iannazzo, Paolo Mascaro ebbe parole di fuoco contro chi osava adombrare certi connubi.

Forse allora sarebbe stato, invece, ancora in tempo ad aprire bene gli occhi e a fare piazza pulita di certa gente di cui qualche mese dopo si è candidamente contornato. Ma c’è anche da rilevare con amarezza che allora pure la stragrande parte della dirigenza e dei candidati ad ogni livello del centrosinistra non seppero o non vollero cogliere per tempo quell’allarme.

Qualcuno se lo ricorda?

Un comunicato stampa, ahimè, profetico.

Se Paoletto, i suoi consiglieri, ma anche la “società civile” e persino buona parte di una silente e distratta dirigenza del centrosinistra ci avessero per tempo riflettuto di più e meglio, forse questa terza ignominia per i suoi cinquant’anni Lamezia se la sarebbe potuta evitare.

Ora inizierà la solita tiritera sulla giustezza o meno di una decisione da tempo annunciata, su una Lamezia vittima di congiure, sul perché non sciolgano le amministrazioni di Reggio Calabria, Vibo valentia, ecc. ecc.

Ma mai che si rifletta sul perché ormai periodicamente certi ambienti politici e “civili” si prestino così facilmente ad accogliere notori ambienti mafiosi per l’assalto al palazzo d’inverno lametino.

Certo c’è a Lamezia (ma anche altrove) una mafia aggressiva e penetrante, ma, per come ormai sembra innegabile, c’è anche una estrema debolezza della nostra classe dirigente nel suo complesso, che non ha riscontro in altre realtà locali ad altrettanta, se non peggiore, penetrazione mafiosa.

Magari non è stato proprio un bene rottamare valori e principi che un tempo facevano più solide e compatte le nostre società.

Ciao a tutti

Nicolino

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