Parole sulla sabbia, il nuovo singolo di Chiara Bonaddio
5 min di letturaDurante un’intera vita possiamo andare incontro a diverse epifanie, oppure solo ad una o anche a nessuna.
Quando arriva, però, ha la potenza di stravolgere la nostra vita tracciando un netto prima e dopo. Non esistono momenti o età giuste per avere gli strumenti adatti ad interpretare quell’istante come cruciale per il nostro percorso, e quindi può accadere anche in tenera età di trovarsi improvvisamente difronte ad una luce accecante, come quella di un palcoscenico, e con un microfono in mano.
La storia della giovanissima Chiara Bonaddio ha esattamente quei contorni e Parole sulla sabbia, in uscita venerdì 30 giugno, prodotto da DISSONANZEstudios e distribuito da BELIEVE MUSIC, è un altro capitolo di un racconto iniziato su di un palco, con un microfono in mano preso quasi per sbaglio, quando l’innocenza e l’istintività sono gli unici modi che conosciamo per rapportarci con il mondo. In attesa di ascoltare il nuovo singolo, abbiamo scambiato due chiacchiere, partendo proprio da quel ricordo.
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Una te più piccola, in un video, prende il microfono ad un’altra bambina per cantare. Puoi raccontarci meglio quel momento?
Per fortuna quel momento lo ricordo molto bene perché ho visto il video fin troppe volte per ripensare in modo divertente quanto ci tenga alla musica. Era una recita natalizia dell’asilo nella quale io ed altre mia compagne dovevamo cantare ciascuno la propria parte. Io presa da un momento di confusione del perché la ragazza non cantasse la sua parte, presi il microfono e cantai la mia. Poi mi resi conto della figura e lo restituii. Morale della favola: ero io in ogni caso ad aver sbagliato perché credevo dovesse cantare in quel momento invece c’era una piccola pausa e fu l’esatta pausa in cui le fregai il microfono.
Ti ricordi quale brano fosse? Lo ascolti ancora?
Ogni tanto quando ci penso mi ritorna in testa la musichetta davvero divertente con le parole: “l’asinello e il bue”. L’ho anche trovata e si chiama: Tip Tap nella stalla ma non mi sono mai messa a riascoltarla (se non oggi stesso) perché so che se lo facessi creerei un fiume di lacrime tra la nostalgia, risate e la consapevolezza di essere cresciuta ma di aver mantenuto in parte anche la piccola me.
I tuoi punti artistici di riferimento?
I cantanti da cui traggo esempio sono: Sia, Stromae, Rihanna, Elodie, Annalisa ma ascolto tutti i tipi di genere tranne trap ed indie e tendo a rifugiarmi nelle canzoni del passato.
Quella sicurezza era data dall’innocenza e l’incoscienza con cui si fanno certe cose da piccole?
Fin da piccola ero insicura, timida e vergognosa dunque fare un atto del genere davanti a tutti per me era stato davvero espormi a loro al 100% ma ovviamente il gesto era del tutto innocente poiché da piccola non pensavo mai di voler rovinare lo spettacolo o di voler prendere la parte di qualcuno. Semplicemente è come se avessi pensato che avessi dovuto salvare la situazione ed ho reagito così, un po’ come farei anche adesso. Tendo a proteggere e faccio difficoltà ad espormi, a mostrarmi quindi la sicurezza non ha mai fatto parte di me neppure da piccola. Anche se il gesto lascia pensare che possa essere qualcosa di prepotente ma non lo è. In effetti quando presi la decisione di afferrare il microfono si vide lontano a un miglio che in quella stessa decisione ero comunque indecisa (proprio come adesso quando devo scegliere su qualunque cosa). Una volta aver restituito il microfono ho perso tutta la fiducia che avevo in me infatti dovevo continuare a ballare ma ero rimasta male del gesto perché sapevo di aver sbagliato ma il mio intento non era farlo con prepotenza.
Calchi il palcoscenico sin dalla tenera età, hai sempre fatto tutto di tua spontanea volontà o c’è anche il supporto della tua famiglia?
A dire il vero sono salita su qualche palco per esibizioni, eventi o concorsi quindi non ho quella sicurezza e forse non l’avrò mai per via della persona che sono ma sicuramente so che una volta che canto e salgo lì mi sento meglio soprattutto se nel pubblico sono supportata dalla mia famiglia. Cominciai a cantare di punto in bianco, poi pian piano lo scroprirono e da lì mi vollero accompagnare in questo sogno in cui credevo e credo ancora.
Parole sulla sabbia racconta un momento o una stagione della vita?
Le parole che se ne vanno durano un attimo ma la canzone dovrebbe far parte della stagione della vita di ognuno di noi. Questo perché il concetto che c’è dietro: eliminare i pensieri dalla testa come le onde portano via le parole sulla sabbia, non va dimenticato come queste parole; bensì è un concetto da tenere ben saldo per “viversi la vita al meglio”. Bisogna godersi ogni attimo della vita perché l’attimo dopo farà già parte del nostro passato.
E il “mare d’inverno” lo vivi?
Il mare d’inverno è l’esatto opposto del concetto espresso nella mia canzone. In effetti mi porta a riflettere, a pensare al passato e a tutto ciò che mi “perseguita”. Ciò avviene anche nell’estate ma cerco attraverso il suono delle onde e il sole caldo di non pensarci e godermi quell’attimo, bello o brutto che sia. Il mare d’inverno invece lascia che tutto venga fuori, lascia pensare, riflettere, sfogare, scrivere, uscire ammirando la sua bellezza nel buio della notte.
Hai lavorato da sola a questo nuovo brano?
Per quanto riguarda il testo no. Ho chiesto una mano a Deso bwoy che ha capito cosa volevo che uscisse fuori e abbiamo lavorato insieme nella stesura del testo. Ha scritto tutto quanto lui tranne queste parole a cui ho affidato l’importanza del titolo: “parole sulla sabbia” e casualmente sono proprio quelle che ho scelto per definire la canzone.
Chiara oggi e Chiara ieri: cosa è cambiato?
Sono cambiati molti aspetti. Sicuramente il carattere è sempre quello ma il modo di adattarmi alle cose è diverso. Ho vissuto un periodo che mi ha cambiata sotto alcuni punti di vista e in quel determinato periodo non riuscivo a reagire ma mi facevo comunque forza. Adesso invece reagisco un po’ di più anche se sempre nel silenzio.
E la Chiara di domani?
La Chiara di domani al momento “fluttua” tra il presente e il futuro che naturalmente è ignoto. Questo perché è bene pensare un po’ al futuro ma ancor meglio focalizzarsi su ciò che c’è adesso per portarlo avanti nel dopo se lo si desidera e aspettare ciò che verrà senza avere la preoccupazione di cosa sia. Quello verrà dopo, sto cominciando a vederla così sennò non ne esco più. Lo chiamerei: “il dono dell’attesa” che non ho mai avuto ma che imparerò ad avere nei momenti necessari.
Renato Failla