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Pippo Fava: ucciso per aver fatto il giornalista

3 min di lettura

Riproponiamo un articolo dello scorso giugno in occasione dell’anniversario dell’assassinio di Pippo Fava (5 gennaio 1984).
“La Forza della parola”. Lettura di Luigi Lo Cascio al Chiostro San Domenico.

“Leggerò i testi di Giuseppe Fava, ricorderò il suo impegno per la ricerca della verità”. #trame5

 LuigiLegge infatti i testi di Fava e l’ultimo articolo di Giancarlo Siani, scritto prima che i colpi lo uccidessero e fermassero lui e la sua Méhari, verde allegria.

In Piazzetta San Domenico Luigi Lo Cascio a bordo della ‘Méhari” di Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” simbolo di questa edizione del festival. Da Siani « Quella pioggia poteva fare pulizia, ma anche la pioggia a Torre Annunziata diventava subito fango. »

Esempi e simboli, segni e significato di un modo di fare, di voler esser padroni di dire.

La forza delle parole, dai riti antichi ai riti moderni, ai festival che dovrebbero esorcizzare un male che toglie la parola.

Luigi Lo Cascio legge articoli di Pippo Fava da I Siciliani, rivista fondata da lui nel 1983. Due sue romanzi Negli anni ’70 Fava era noto forse più come scrittore e drammaturgo che come giornalista. Due suoi romanzi, Gente di rispetto e Prima che vi uccidano. Titoli profetici.

luigi Lo cascio

Luigi Lo Cascio legge, superlativo della voce del verbo, atto del leggere davvero, la storia di Palma di Montechiaro: La salvezza dell’uomo qui è anche la sua condanna; il destino di nascere a Palma di Montechiaro, patire febbri, stenti, malattia, ignoranza, umiliazione, si può spezzare soltanto cercando altrove per il modo la maniera di sopravvivere.(da “Processo alla Sicilia”, 1967)

Legge, sempre voce del verbo leggere, voce e anima, legge Fantastica intervista col presidente della regione D’Acquisto, presidente della regione Sicilia dal primo Maggio 1980,e poi insignito dal governo Berlusconi della carica di presidente di Italia Lavoro Sicilia, carica che terrà fino al 2009.

Palma Di MontechiaroDopo tre giorni di anticamera Pippo Fava sale nei saloni stuccati della regione Sicilia e inizia una storia clownesca, di equivoci plautini, una atellana, una storia di rimandi storici e di dipinti alla vucciria. Come Guttuso. Rido e rido dell’intelligenza di questo uomo, giornalista, scrittore, un eclettico, non incasellabile nelle scatole del mondo letterario.

Rido tanto che mia compagna di scuola mi riconosce dalla risata e da dietro mi saluta. Avrò esagerato nel ridere? Riprendo a ridere con il riso della consonanza alle parole di Fava, ai gesti di Luigi Lo Cascio, al terribile sberleffo che Fava fa del potere, dei soldi chiusi in cristallerie, in banche, ai soldi, polvere bianca che serve al potere.

luigi lo cascio mehari

I siciliani sono ricchi- D’Acquisto docet.

Ritorno a casa e rileggo una favola raccontata da Fava. C’era una volta nel paese di Camporeale Pasquale Almerico, un sindaco che rifiuta le tessere di quattrocento mafiosi. Una favola siciliana. Come tutte le favole siciliane il sindaco, onesto, verrà fatto passare per pazzo, denigrato e irriso, lasciato solo e poi ucciso dopo averne ucciso la temerarietà. Fava verrà ucciso come Siani, come il sindaco. La forza delle parole rimane nell’ammirazione. Non ci sarebbe bisogno di eroi se tutti fossimo come loro.

Ieri sera un grande Luigi Lo Cascio ci ha dato vivi Fava e Siani, semplicemente leggendo per davvero.

Giuseppe Fava nacque a Palazzolo Acreide (SR) il 15 settembre del 1925. Del segno della vergine dunque. Come Rita Atria.

Ippolita Luzzo

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