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Precisazioni della Procura sulla vicenda dei due presbiteri

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In merito agli articoli pubblicati in data 31 maggio 2019, recanti la “nota stampa della Diocesi di Mileto – Nicotera – Tropea sulla vicenda che ha coinvolto due presbiteri”,  si ritiene opportuno formulare talune precisazioni

In data 7 marzo 2019, veniva notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari del 25 febbraio 2019, nei confronti di quattro indagati, due dei quali, nei 20 giorni successivi alla predetta notifica, chiedevano di essere sentiti dal P. M. titolare delle indagini.

All’esito dell’interrogatorio reso dagli interessati, questa Direzione Distrettuale Antimafia, stralciava la posizione degli indagati escussi ed esercitava l’azione penale nei soli confronti dei due sacerdoti, i quali non hanno inteso esercitare alcuna delle facoltà previste dall’art. 415 bis c.p.p. e, pertanto, non hanno offerto alcuna ricostruzione alternativa delle risultanze istruttorie, né hanno segnalato circostanze nuove o diverse rispetto a quelle accertante nel corso delle investigazioni.

In particolare, i due prelati:

  • non hanno depositato memorie o documenti,
  • non hanno prodotto documentazione relativa ad investigazioni difensive,
  • non hanno chiesto al P.M. il compimento di ulteriori atti di indagine,
  • non si sono presentati per rilasciare dichiarazioni, né hanno chiesto di rendere interrogatorio.

Pertanto, in data 23 aprile 2019, veniva esercita l’azione penale e, ai sensi dell’art. 416 c.p.p., venivano trasmessi gli atti all’Ufficio G.I.P./G.U.P. presso il Tribunale di Catanzaro.

Soltanto a seguito della notifica della data dell’udienza preliminare, fissata per il 3 ottobre 2019, perveniva all’Ufficio del P.M. una comunicazione a mezzo p.e.c. del 24 maggio u.s., con la quale il difensore degli indagati non formulava alcuna richiesta di interrogatorio per i propri assistiti, limitandosi a chiedere un colloquio dello stesso legale con il P.M. titolare delle indagini.

Va altresì evidenziato che, nella nota redatta dalla Diocesi di Mileto – Nicotera – Tropea si fa riferimento alla circostanza che uno dei sacerdoti protagonisti della vicenda (Graziano Maccarrone) è stato, a sua insaputa, registrato dalla persona offesa – vittima del reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso – e si allude al fatto che il contenuto di queste registrazioni sarebbe stato “artatamente alterato e artificiosamente interpretato, fino ad accusarlo di messaggi a sfondo sessuale con la figlia disabile”.

Si legge, inoltre, che “l’accusa di violenza e tentata estorsione di stampo mafioso usata da don Maccarrone nei confronti del Mazzocca è senza riscontri nella realtà” e che per tale ragione gli imputati hanno provveduto a sporgere querela nei confronti del denunciante, presso la Procura della Repubblica di Vibo Valentia.

Sul punto preme sottolineare che i plurimi accertamenti compendiati nel fascicolo delle indagini preliminari recano oltre alle iniziali registrazioni versate agli atti dalla vittima della vicenda estorsiva, le acquisizioni dei tabulati telefonici, gli esiti delle attività tecniche di intercettazione, nonché le dichiarazioni dalle persone informate sui fatti.

Proprio dagli esiti intercettivi emergeva che don Graziano Maccarrone si era attivato per recuperare la somma di denaro data in prestito al Mazzocca, percorrendo quella che lo stesso prelato definisce come la c.d. “strada parallela”.

In particolare, rivolgeva al Mazzocca Roberto delle minacce esplicite, comunicate tramite don Nicola De Luca (il quale avrebbe dovuto fargli sapere che “se dovesse partire la macchina non si fermerà più”, avvisandolo di “stare attento, che avrebbe fatto una brutta fine”) e in ultimo – dopo aver preso contatti con soggetti di Nicotera Marina, tra cui il cugino Antonio Giuseppe Tomeo, vicino a Pantaleone Mancuso classe agosto ‘61 – riferiva all’amico sacerdote di mettersi da parte, informandolo, nelle date del 18 marzo e del 26 marzo 2013, che sarebbero intervenuti direttamente “i suoi cugini” e avrebbe recuperato il denaro “per vie traverse”, specificando altresì che si era “mosso con i suoi canali”, che “aveva informato la cerchia che lui sapeva” e che fosse stato per la sua volontà, li avrebbe mandati quella notte stessa a picchiare il Mazzocca ma le persone alle quali si era rivolto gli avevano detto “NON E’ IL MOMENTO …PERCHE’ ORA IL FUOCO E’ TROPPO ALTO E CI BRUCIAMO TUTTI… PERCHE’ SE AGIAMO… QUESTO FA UNA PICCOLA COSA… A VOI RIMANE LA MACCHIA… NON E’ CHE NON VI RIMANE!!!!!…. QUINDI NON E’ ORA… CERCATE UN COMPROMESSO PER TEMPOREGGIARE… E POI INTERVENIAMO….”.

Tale ricostruzione specifica dell’evoluzione dell’indagine è resa pubblica al fine di dare massima trasparenza all’azione della Procura della Repubblica e della Squadra Mobile di Vibo Valentia, che hanno operato senza “artatamente alterare e artificiosamente interpretare” le risultanze oggettive confluite nel fascicolo delle indagini.

 

                                                             Il Procuratore della Repubblica

                                                             Nicola Gratteri

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