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Il preoccupante, sempre piu’ diffuso dilagare di bullismo e cyberbullismo

4 min di lettura

In letteratura psichiatrica si impiega il termine “Bullismo”, in lingua inglese “Bullying”, con il significato di “ intimorire, intimidire, opprimere” e, tale termine, designa atti di prepotenza perpetrati da bambini e/o ragazzi nei confronti di loro pari, soprattutto in ambito scolastico

Secondo Dan Olweus, psicologo norvegese pioniere degli studi in questo campo, uno studente è vittimizzato, ovverosia bullizzato, quando è esposto ripetutamente ad azioni aggressive da parte di coetanei e/o compagni di classe o scuola.

Il bullizzato viene, deliberatamente, tiranneggiato fisicamente o moralmente per settimane, mesi o addirittura anni, da un singolo soggetto ma, più spesso, da un gruppo.

I bulli sono da considerarsi elementi con disagio emotivo ed è fondamentale individuarli precocemente, al fine di evitare disfunzionalità comportamentali o franchi disturbi di personalità nell’età adulta.

Secondo gli ultimi dati della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il fenomeno è in notevole crescita in tutto il Pianeta e, in Italia, si stima che oltre il 40% degli studenti di scuole di vario ordine e grado, riferisce di subire un qualche genere di violenza.

L’età di insorgenza è sempre più bassa e gli atti bullistici, nella popolazione femminile, hanno subito un inquietante incremento.

Il bullying assume forme diverse, per cui si può verificare:
a) BULLISMO DIRETTO FISICO, cioè percuotere con schiaffi, pugni etc. e rovinare gli oggetti personali della vittima (materiale didattico e/o capi di abbigliamento);
b) BULLISMO DIRETTO VERBALE, che implica la minaccia, l’insulto, la derisione verso il bullizzato;
c) BULLISMO INDIRETTO, presente per lo più nel sesso femminile, che interessa la sfera psicologica della vittima, non utilizzando schiaffi o pugni ma distruggendone l’immagine, attraverso la calunnia con pettegolezzi pesanti ed il conseguente ostracismo del gruppo-classe.
d) CYBERBULLISMO, o bullismo elettronico che consiste nell’uso del web per commettere prevaricazione ai danni dell’“Altro”. Le modalità impiegate consistono nell’uso di messaggi ingiuriosi o minacciosi, diffusione di fotografie o video, invio di e-mail ai danni del perseguitato, attraverso telefoni cellulari e computer.

Dott.ssa Giuseppina Cundari
Dott.ssa Giuseppina Cundari

La classificazione psicologica di “bullo” e “vittima” risulta complessa, a dispetto di quanto si possa immaginare, poiché accade che lo stesso soggetto rivesta, in momenti diversi della propria vita, un ruolo piuttosto che l’altro. Dato certo è che, frequentemente, il persecutore è un individuo dotato di scadente alfabetizzazione morale, per nulla sensibile alle esigenze altrui, intollerante alle frustrazioni e, quindi, al loro successo, emotivamente instabile pur se apparentemente spavaldo ed abnormemente sicuro delle proprie qualità.

In verità, volendo essere scientificamente precisi, i bulli, si suddividono in tre categorie:
1) BULLO AGGRESSIVO, cioè il sopradescritto prepotente, bellicoso ed analfabeta morale;
2) BULLO ANSIOSO, a seconda dei momenti della sua esistenza carnefice o vittima, dotato di scadente autostima ed insofferente agli avvenimenti del vivere quotidiano;
3) BULLO PASSIVO o GREGARIO, sobillatore delle prime due categorie ma incapace di prendere decisioni proprie. E’ colui che, pur di trovare una collocazione nel gruppo dei compagni, partecipa alle loro prepotenze, afflitto in seguito da sensi di colpa per le vessazioni compiute.

Le VITTIME invece, si contraddistinguono per educazione morale e sensibilità, empatia verso il prossimo, caratteristiche positive che però vanno a sommarsi ad una loro forte insicurezza e, quindi, incapacità di difendersi.

Dal punto di vista delle relazioni familiari l’ambiente in cui solitamente vive il bullo è caratterizzato da modalità comportamentali di accettazione della violenza fisica e verbale ed inadeguato coinvolgimento affettivo del nucleo accudente. Secondo studi recenti, la vittima appare vivere in contesti iperprotettivi ma, sorprendentemente, sovrapponibili per molte sfaccettature all’ambiente familiare del bullo, contesti cioè che nel concreto non seguono lo sviluppo emotivo dei minori. Teniamo presente che il fenomeno bullying è il più plausibile predittore di devianza nell’età adulta e che, tra i bulli, il 50% circa subirà, nel corso degli anni, rifiuto sociale con devastanti conseguenze sulla personalità e conseguente marcato pericolo di comportamenti delinquenziali. Le vittime sono anch’esse a rischio di emarginazione sociale ma la percentuale scende a circa il 15%, esprimendo esse sufficienti capacità di recupero nella vita adulta.

Mi piace terminare questo scritto con una frase di Aldo Capitini, filosofo, politico, poeta ed educatore italiano che fu, tra i primi nel nostro Paese, a teorizzare il PENSIERO NONVIOLENTO, al punto da essere considerato il Gandhi italiano.
Egli scrisse: “Mi vengono a dire che il pesce grande mangia il pesce piccolo. Io non sono d’accordo!

Giuseppina Cundari
(medico chirurgo, neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza)

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