Qualche cantilena lametina: l’asino vola, solo per gioco, però!
2 min di letturaÈ una cantilena cui siamo stati svezzati a partire dalla nostra infanzia: ogni giocatore si disponeva in modo da poter vedere il capo-gioco, ponendo le mani sul tavolo o, più semplicemente, sulle ginocchia
L’aprifila, poi, diceva una serie di cose seguite dalla parola «vola» (allora, non c’era la Cuccarini!), alzando ogni volta la mano destra con l’indice puntato verso il cielo.
«Rispuose a la cantilena da tutte parti la beata corte», avrebbe risposto Dante Alighieri, prendendo in prestito un suo endecasillabo e mezzo e ne chiedo venia.
Qual era lo scopo del gioco? Quello di tenere la mano destra abbassata finché venivano nominati animali o cose che non volano, mentre imitare il gesto del capo-gioco quando ad essere espresso era qualcosa che vola davvero.
Se si diceva, ad esempio, «il coccodrillo vola», non era consentito alzare la propria spanna verso l’alto. Chi sbagliava interrompeva il gioco e fare penitenza. Se a tratti tutto ciò può sembrar banale, come non sottolineare l’atteggiamento di complice intesa, che tanto bene fa ad un rapporto di gruppo?
Sotto quest’accezione riesumo la pars costruens di quella felice locuzione latina che dice: «asinus asinum fricat» («un asino gratta un asino»), che non è sempre un male, assolutissimamente! Poi è ovvio che nessuno dubiti «ca ‘u ciucciu pò vulari», o no!? «Ccà nissuni è fessu e mancu ‘na capu ‘i ciucciu», ahahah!
Prof. Francesco Polopoli