Qualche comica a scuola
2 min di letturaParliamo di arte attraverso delle suggestioni: qui la parodia non umilia la Scuola, nella quale fortissimamente credo, lo dico in partenza, che è meglio!
Un dipinto, per concedersi una leggerezza, senza smantellare alcun Gigante, non potrei! Cominciamo col dire che “La scuola di Atene” di Raffaello, conservata nei Musei Vaticani, raffigura alcuni dei più importanti filosofi della storia, riveduti e corretti nei volti più noti d’allora.
Forse che sì, forse che no. Euclide ha le fattezze del grande amico Bramante, intento a tracciare un disegno geometrico in terra. Poco più sulla destra, invece, Leonardo da Vinci veste i panni di Platone mentre, al centro della scena, e non poteva essere diversamente, un po’ isolato sulla sinistra, sotto le spoglie di Eraclito, ritroviamo Michelangelo Buonarroti, imbronciato ed in una posizione che sembrerebbe rimarcare l’assoluta estraneità rispetto a tutto il vivaio umano presente in quest’opera.
Qualche spetteguless da paparazzo rinascimentale: c’erano anche in quei tempi, dai biografi ai cronisti, satirici non esclusi. Pare che l’artista della Cappella Sistina vivesse un po’ miseramente e che addirittura sfilasse le scarpe, solo in procinto di sostituirli con un paio nuovo, uach!
Avete capito: andava persino a letto con i suoi stivali, un po’come il Gatto della fiaba che tutti conosciamo. Puzzoso, però, col consenso della Crusca.
Immaginate la bromidrosi plantare, giusto un modo soft per nobilitare i miasmi che si accendevano davanti al suo esercente di fiducia, sempre che non morisse di asfissia, cosa assolutamente probabile! Insomma, Raffaello, nell’evidenziare le calzature e l’anatomia delle piote d’arte, più che omaggiarlo, lo avrebbe beffeggiato per il suo stile di vita troppo sobrio e per il suo isolamento dalla vita mondana.
E qui la chiudo con questo affresco, perché sennò sto fresco: «là dove i peccatori stanno freschi», come dice Dante (verso 117 del XXXII canto dell’Inferno) non ci vorrei stare, lo dico per salvaguardia, davanti a chi ne sa, giustamente, per la materia, più di me.
Prof. Francesco Polopoli