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Qualche scioglilingua lametino: «Titta cumand’a ttutti e ttutti cumandanu a Ttitta»

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scioglilingua lametino

«Titta cumand’ a ttutti e ttutti cumandanu a Ttitta» (Titta rac-comanda a tutti e tutti ra-comandano a Titta!): modo di dire con allitterazione evidente che mira a sottolineare che non si può sperare nulla di buono per quel consorzio umano o quel gruppo di persone, dove tutti comandano e nessuno obbedisce

Colpisce, per inciso, il femminile con dentale sorda geminata continuatrice di Tito che, come tutti sappiamo, fa terna con Caio e Sempronio, che è come dire che il la(me)tino è un bel retaggio antico persino in una facezia popolare come questa.

Non è la prima volta che tendo a sottolineare come dal cascame della classicità sia venuto fuori il gioco ripetitivo delle consonanti e non solo: un esempio è Ennio, poeta degli Annales, «O Tite tute Tati tibi tanta tyranne tulisti» (trad: «O Tito Tazio, tiranno, tu stesso ti attirasti atrocità tanto tremende!», fr.104 Skutsch).

Vallo a pronunciare cursoriamente e la lingua ti si inceppa a tal punto da farti ridere per averlo scandito scorrettamente: umorismo da papere e gaffe; allora la Tv era nazionalpopolare in ogni cerchia familiare, eh già!

La compagnia teatrale contava un bel casting d’eccezione dal patriarca all’ultimo scricciolo di casa: collante, le storie, ed erano tantissime! E a dire che anche oggi nel settore drammatico si ci scalda con una cantafavola («sopra la panca la capra campa/sotto la panca la capra crepa») come esercizio glottico per vincere difficoltà di pronunzia o disimpacciare le corde vocali: nel Mezzogiorno, in questo, siamo stati bravissimi maestri!

Qualche esempio dalle nostre parti!? Eccolo: «O Turù, tira tu, tira tira ’u tiraturu, ca s’un tiri ’u tiraturu ’u tiraturu ’un si tira», ovvero «O Salvatore, estrailo tu, estrailo tu questo cassetto, perché laddove non dovessi estrarlo tu, da solo di certo non si estrae». Forme pressoché simili sono «ma tu, tu, u tiri u tiraturu tuttu a na titata?», oppure «Turù ha dittu a mamma u ti ritiri, ca su ti ritiri tu nessunu si ritira, e quannu ti ritiri, tira u tiraturu e mancia», benché quest’ultime sono più made in Catanzaro e dintorni.

In ogni caso, il confronto «un n’ha fhattu ’nu grubbu ’nta l’acqua!» (trad.: «non ha fatto un buco nell’acqua»): è risaputo quanto le relazioni avvicinino luoghi ed anime attraverso le parole.

Il logos nasce sociale per diventare social: in tempo di quarantena, meglio così, mi vo ripetendo, perché essere sconnessi potrebbe gridare più dell’Urlo di Munch, che ne pensate!?

Questo pezzo è per te, Teresa Fabiano…

Prof. Francesco Polopoli

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