Ragazzi autistici preparano i pasti per i poveri in Calabria
2 min di letturaIn otto hanno dato vita ad una locanda a Melito di Porto Salvo
ROMA. Vanno a fare la spesa, cucinano il cibo e lo consegnano alle persone bisognose del territorio. Ogni giorno preparano dai 20 ai 30 pasti.
Hanno tra i 20 ed i 40 anni e sono affetti da una forma di autismo grave. Il progetto è della Fondazione Marino, una struttura residenziale per persone adulte con autismo che si trova a Melito di Porto Salvo, un comune di poco più di 10 mila abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria.
La struttura ospita 12 adulti maschi ed ha fatto nascere “La locanda Tre Chiavi”, una mensa solidale in cui lavorano otto persone dai 20 ai 40 anni affetti da autismo.
“Il progetto è stato attivato nel 2014 – racconta Pasqualina Pace, psicologa e coordinatrice della struttura residenziale – proprio perché alcuni ragazzi residenti alla Fondazione Marino, dopo anni di abilitazione e quindi di competenze acquisite, avevano la necessità di fare un passo in avanti per il loro futuro.Ci siamo dovuti inventare un lavoro che permettesse loro di stare all’interno della società”.
Il progetto ha una doppia valenza: la prima è inserire i ragazzi con autismo nel mondo del lavoro, la seconda è che la locanda serve dei pasti gratuiti alle persone bisognose ed è “l’unica mensa sociale del territorio” sottolinea Pace. I fondi non bastano mai e la fondazione si aiuta con quelli che arrivano anche attraverso il 5xmille. “I ragazzi sono molti motivati ed anche gratificati dal lavoro e da una paghetta settimanale. Avere dei proventi dal proprio lavoro è importante, con cui riescono a soddisfare qualche desiderio o bisogno”.
A Pasqua gli otto torneranno a casa per condividere con le famiglie le festività. Tra di loro c’è Antonio di 30 anni, è riuscito a diplomarsi all’istituto alberghiero e seguire il suo progetto di vita autonoma. Gaspare, 32 anni, non ha studiato ma ha sempre avuto una passione per la cucina ed è riuscito a realizzare il suo sogno.
“Le strutture residenziali – puntualizza la responsabile – sono un punto di partenza per il futuro. E’ possibile creare una autonomia anche in condizioni di gravità come erano i nostri ragazzi, avere un’opportunità di riscatto per essere visti dal territorio non come un peso ma come una risorsa”. (ANSA).