La realizzazione artistica del maestro presepista Nicola Sposato in due chiese del Lametino
4 min di letturaIl Presepe compie 800 anni, circondato dall’amore, dalla Fede e della Bellezza delle nostre tradizioni
Nelle Chiese di San Domenico e San Giuseppe Artigiano, a Lamezia Terme, ieri sera (sabato 16 dicembre) si è svolta l’apertura e la benedizione dei Presepi Artistici in stile Napoletano Calabrese, creati dall’artista presepista e restauratore d’arte sacra, Nicola Sposato.
Quest’ultimo vanta un immenso e corposo bagaglio di esperienze, per quanto concerne la tradizione presepiale: colpito sin dall’infanzia, dai dettagli e dalle piccole riproduzioni della Natività all’interno delle chiese del suo paese d’origine, Nocera Terinese, Nicola Sposato portò avanti quell’impegno e quella curiosità nell’impegno volto nella realizzazione dei presepi, passione che lo avrebbe accompagnato fino all’età più adulta.
Invero, il Maestro Nicola Sposato ha avuto modo di esporre le sue opere in molteplici chiese della città di Lamezia Terme, con lo scopo di deliziare i fedeli con un assaggio della sua arte, che ha alimentato diverse amicizie vincolate dalla medesima passione, quali quella con il compianto Antonello Coclite e Francesco Morelli, autore del libro “Il presepe – Arte e tradizione senza tempo”, nel quale ha appunto menzionato l’artista, in quanto ha rappresentato una consistente fonte di ispirazione.
L’opera è stata voluta fortemente dai Parroci delle due parrocchie Don Antonio Brando e Don Fabio Stanizzo, (Responsabile della Caritas Diocesana), appassionati entrambi dell’arte presepistica. “Il presepe – sostengono – deve essere un elemento indelebile della nostra tradizione cristiana, da tramandare ai nostri giovani”.
L’opera, realizzata nella chiesa di San Domenico, e costruita prettamente con materiale povero come il sughero, il legno e il cartone, si estende in altezza, incastonata in una nicchia in legno, fatta interamente a mano dal maestro falegname Francesco Coschino, di Lamezia con il fine di far emergere “una vera e propria alchimia artistica” .
Anche nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, ora in restauro, Don Fabio Stanizzo, Arciprete della parrocchia e responsabile della Caritas Diocesana, ha voluto fortemente che si realizzasse un bel presepe artistico nel salone parrocchiale, adibito provvisoriamente nella chiesa.
Quest’opera, attuata in maniera tridimensionale, è montata in una cornice barocca, anch’essa realizzata minuziosamente con sughero e legno, il cui stile dei pastori rimanda al Settecento napoletano.
Tutte queste opere possono essere visitate negli orari di apertura delle parrocchie fino al 7 gennaio.
Storia del presepe
Il più antico presepe ligneo rimasto è bolognese, risalente probabilmente al 1291, e a Roma ce n’è uno del 1289 ad altorilievo, (opera di Arnolfo di Cambio), mentre la sua ulteriore evoluzione fino alla forma attuale giunse con la Riforma Cattolica, quando la sacra rappresentazione divenne un elemento fisso in tutte le chiese italiane (e poi del mondo) e si diffuse ben presto anche nelle case. Autore di questa innovazione fu san Gaetano Thiene (1480-1547), compatrono di Napoli, introdotta con l’approvazione del Papa durante il Concilio di Trento. San Gaetano aveva avuto un’estasi durante una meditazione a Roma, nella basilica di Santa Maria Maggiore. In questo tempio è ospitata la reliquia della mangiatoia, in quello che è considerabile l’antenato della rappresentazione di Greccio di san Francesco: la riproduzione di una grotta voluta da papa Sisto III nel 432 per ospitare la reliquia, tanto che un paio di secoli dopo la chiesa assunse il nome di Sancta Maria ad Praesepem, ossia, Santa Maria alla Mangiatoia.
Durante questa estasi mistica, san Gaetano ebbe la visione del parto della Madonna, prese in braccio il Bambinello appena nato, si rallegrò con la Vergine, ascoltò gli angeli cantare il Gloria e si unì a essi, insieme al suono delle zampogne dei pastori accorsi in adorazione. Proprio a Napoli il Santo veneto iniziò allora a rappresentare la sua visione con statue e addobbi e a descriverla nei suoi sermoni “con maggior copia di lacrime che di parole”, commuovendo i fedeli tanto che “molti stati fin all’ora duri e pertinaci alle minacce dei predicatori, s’ammollivano in pianto e contrizione à quei teneri discorsi di Gaetano”.