Rende: sequestrati dalla polizia tre appartamenti utilizzati per prostituzione
2 min di letturaI 3 appartamenti sequestrati dalla polizia di Stato
Comunicato stampa:
Nella giornata di ieri, la Squadra Mobile della questura di Cosenza ha dato esecuzione a due distinte ordinanze di applicazione di sequestro preventivo emesse in data 10.01.2019 dal G.I.P. presso il locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica di Cosenza, guidata dal procuratore capo dr. Mario Spagnuolo, aventi ad oggetto nr. 3 appartamenti ubicati a Rende, nei confronti di nr. 3 soggetti ritenuti responsabili dei delitti di cui all’art. 3/2° e 8° e art. 4/7° L. n. 75/1958 (favoreggiamento e sfruttamento aggravato della prostituzione).
In particolare, i citati provvedimenti di sequestro, che richiamano integralmente l’ordinanza di applicazione di misure cautelari datata 28.12.2018 emessa dal medesimo G.I.P. nei confronti di nr. 7 soggetti (tra i quali rientrano i tre destinatari delle presenti ordinanze di sequestro preventivo) ritenuti responsabili, a vario titolo, dei delitti di favoreggiamento e sfruttamento aggravato della prostituzione, eseguita dalla Squadra Mobile il 4 gennaio scorso, hanno riguardato tre appartamenti di Rende, uno sito in Via Verdi e gli altri due in Via Fermi, tutti risultati essere – in base alle risultanze delle investigazioni – utilizzati per l’esercizio della prostituzione da parte di più soggetti.
Il G.I.P. ha motivato i provvedimenti sul presupposto che lo sviluppo degli accertamenti condotti dalla Squadra Mobile ha dimostrato come l’applicazione delle misure cautelari personali nei confronti degli indagati non abbia fatto cessare la condotta illecita posta in essere da questi ultimi e che sussiste invece il concreto pericolo che la libera disponibilità degli appartamenti sopra indicati possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato per cui si procede.
Come detto in occasione dell’esecuzione delle sopra citate misure cautelari personali le strutture abitative in esame, sono risultate essere in uso a donne che chiedevano di “lavorare” per un determinato periodo in quella precisa località pagando la somma procapite di 50 euro al giorno a colui che gestiva tali dimore.
Ulteriori accertamenti sono in corso.